Lo studio della super architetta Lina Ghotmeh rinnoverà il British Museum di Londra

Il team guidato dall’architetta libanese ha vinto il concorso per la ristrutturazione di circa un terzo degli spazi espositivi della sede museale londinese. A due anni dal suo Serpentine Pavilion, per la progettista di base a Parigi arriva il primo incarico di rilievo nella capitale inglese

Il successo dello studio Lina Ghotmeh Architecture nella competizione per il rinnovamento degli spazi del Western Range nel British Museum segna la definitiva consacrazione della progettista nata a Beirut e di stanza a Parigi. Alla guida del team che include Ali Cherri, Arup, Holmes Studio, Plan A, Purcell, Ghotmeh ha convinto – all’unanimità – la giuria del concorso conclusosi oggi e indetto dall’istituzione britannica nel maggio 2024, al quale hanno sottoposto la propria candidatura oltre 60 team internazionali. Alla seconda e ultima fase, terminata lo scorso dicembre, hanno avuto accesso cinque formazioni – oltre a LG — A, 6a architects, David Chipperfield Architects, Eric ParryArchitects and Jamie Fobert Architects e OMA. Tutte le visioni progettuali finaliste sono state presentate pubblicamente nell’ambito della recente mostra Rethinking the British Museum.

Il British Museum secondo Lina Ghotmeh Architecture

Incluso nel più vasto piano di rinnovamento del British Museum per il XXI Secolo (l’articolato Masterplan, che comprende anche interventi di efficientamento energetico), il progetto relativo agli spazi del Western Range inciderà nel futuro assetto architettonico e nell’allestimento di circa 15.600 mq: tale superficie include le gallerie espositive che accolgono capolavori relativi alle antiche civiltà dell’area mediterranea, dalla Grecia all’Egitto, passando per Roma e il Medio Oriente. Dall’operazione sono inoltre attesi nuovi depositi per la collezione e strutture per le attività di ricerca. “Questo concorso è stato un processo entusiasmante plasmato dal dialogo” ha dichiarato Ghotmeh, definendo l’area musale oggetto del rinnovamento “uno spazio straordinario, un luogo di connessioni per il mondo e del mondo”. Per il direttore del British, Nicholas Cullinan, Lina Ghotmeh è “un’architetta di straordinaria grazia e autorevolezza. Le proposte del suo team hanno dimostrato una visione architettonica eccezionale (…) e il loro approccio “archeologico” ha chiaramente compreso l’ambizione di questo progetto di essere tanto una trasformazione intellettuale quanto architettonica”. A fargli eco è George Osborne, presidente del museo e della giuria del concorso, che riconosce nell’architetta una figura capace di combinare “una profonda sensibilità per la storia della nostra grande collezione a una voce per il futuro.

La ristrutturazione del Western Range nel British Museum

Progettato in stile neoclassico dall’architetto inglese Sir Robert Smirke negli Anni Venti dell’Ottocento, l’attuale British Museum accoglie sei milioni di persone ogni anno: inizialmente era stato progettato per 100mila visitatori annui. All’incremento del pubblico corrisponde la crescita della collezione, passata da circa 150mila reperti degli esordi a quota otto milioni. Numeri che, nei decenni, hanno comportato progressive modifiche e addizioni nel complesso museale. Peculiare è poi la condizione del Western Range: apparentemente una struttura unica, è in realtà costituita da dieci nuclei separati, aggiunti al volume disegnato da Smirke. Le modalità con cui Ghotmeh intende intervenire non sono ancora state rese note: a lei e al suo gruppo di lavoro spetta però l’incarico di adattare questo corpus alle esigenze contemporanee, con la consapevolezza che museo intende “ripensare il modo in cui viene presentata la collezione, per incoraggiare a ragionare in modo creativo e critico”.

L’approccio archeologico di Lina Ghotmeh all’architettura

Basato sul concetto di Archaeology of the Future, che privilegia una profonda connessione tra storia, natura e materiali a qualsiasi latitudine di intervento, il peculiare metodo di Lina Ghotmeh le è fin qui valso prestigiosi riconoscimenti e ambite commesse. Portata alla ribalta dai consensi suscitati dalla torre residenziale Stone Garden a Beirut (2020) e soprattutto dal Serpentine Pavilion 2023, la progettista ha ultimato l’Ateliers Hermès in Normandia (il primo edificio francese a basse emissioni di carbonio e a energia positiva, anch’esso 2023) e, sul fronte museale, l’Estonian National Museum di Tartu (2016). Attualmente è impegnata con il suo studio nella progettazione nell’AlUla Contemporary Art Museum, in Arabia Saudita, e nella realizzazione del Bahrain Pavilion per l’imminente Expo 2025 Osaka. Fino al 16 marzo, a Parigi, si può visitare la retrospettiva Olga de Amaral della quale ha progettato l’allestimento: un accidentato e atemporale paesaggio di pietre di ardesia che connette spazi interni, esterni e opere, nel quale riverberano i principi della sua Archaeology of the Future.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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