“Racconto la mia malattia che è anche la mia bandiera”. Parola all’artista Reverie
La cover dell’ultimo numero di Artribune Magazine è firmata da Reverie, artista multidisciplinare che con la sua sensibilità affronta il tema della malattia mentale da un punto di vista insieme individuale e sociale. Ce ne parla nelle prossime righe

Ho costruito una “Clessidra senza tempo” con i miei psicofarmaci, come se fossero solo le medicine a scandire la vita.
La società di oggi è malata. Le mie malattie sono depressione, disturbo borderline, dipendenza da cibo.

La malattia mentale e sociale nella pratica di Reverie
Nel 2023, con la mostra Chimera ho raccontato il rito sociale e la collettività nelle sue ossessioni e infermità, così ho ripreso l’animale mitologico con l’intenzione che rappresentasse tutt* noi, oggi, e ciascuna opera è stata denominata in base all’organo, sistema, apparato, elemento del corpo umano relativo alla parte del corpo della Chimera. Fra esse: la Voce dello sciame, ovvero un drone che si alza in volo ma è legato a un giogo in pietra che rende impossibile il suo libero movimento, e l’Ombra che, nella sua linearità, riflette la visione di un corpo umano reso bidimensionale, tra normalità e malattia silente o rumorosa.
Autoalienazione: il mondo odierno è molto povero di profondità di sguardi e di voce. Lo schermo che definisce la nostra esperienza del mondo ci protegge dalla realtà. Il mondo viene derealizzato e disincarnato. L’ego si specchia sul dorso delle cose. Workaholism: iperattività vs lentezza inesistente; il contrasto è rappresentato dal Piede in bronzo sovrastato dal carapace di tartaruga Caretta Caretta, e dalla Gamba, identificata in un motore inutilizzabile a cui è appesa una coda archetipica in resina e frammenti di pelle di serpente. Abuso: inteso come “celebrazione dell’eccesso” in ogni sua forma e dipendenza. Infatti, malgrado l’immobilità nella ricerca interiore, gli uomini e le donne continuano a super allenarsi, super esercitarsi, super attivarsi e a lavorare e vivere illudendosi di muoversi davvero quando in realtà sono costretti a un’infermità mentale e fisica. Vulnerabilità come ferita da rimarginare o non rimarginare, e confine tra la sensibilità e l’insensibilità. La ferita è l’apertura, l’orecchio teso all’altro. Tali attimi epifanici non sono possibili. Gli uomini e le donne di oggi non chiudono gli occhi e non piangono mai. Non è dato tempo alla riflessione e quindi all’introspezione né alle lacrime. Ecco perché l’opera Occhio è rappresentata da un bozzolo illuminato che accoglie il mio telefono con un video in loop delle foto del mio 2022, mentre l’opera relativa al sacco e al dotto lacrimale intitolata Apparato lacrimale è realizzata attraverso la fusione di questi due elementi in bronzo. Egotismo: limite verso l’altro che non esiste. Solitudine e depressione e psicofarmaci nella pubblica piazza. Libertà di espressione in contrasto con lo stordimento dei pareri di tutti su ogni cosa: social e virtualità si masticano, e digeriscono continuamente concetti che non ci appartengono o dei quali non siamo realmente a conoscenza. Ho rappresentato questa critica sociale e queste tematiche su zoccoli veri di cavallo, disegnando sopra un verde Whatsapp parole o vignette come neologismi-emoticon: Emigratis, ossigeno al cuore, sessualità-aborti-politica, trash, YouTube e food challenge, con l’abuso di psicofarmaci per una società triste e depressa… Il Sistema nervoso è un cavo elettrico bagnato nel rame e piegato a formare il cappio della nostra vita.
In questo spazio sociale ho deciso di fare della mia malattia la mia bandiera.
Mi hanno detto che mi sono mangiata tutto, anche l’anima.
E io ho risposto “che banalità!”.
Scambiare per fame di vita la fame di morte è un grave errore di questi nostri giorni.
Mentre ci si illude di voler fermare il male dell’esistenza, si riesce soltanto a rincorrere l’ansia della precarietà.
Sarebbe meglio la finissimo tutti insieme contemporaneamente: un nuovo big bang.
E finalmente anche la mia anima esploderebbe dopo tante implosioni.
(Poesia scritta durante l’ultimo ricovero in psichiatria, 2024)
Reverie

Chi è Reverie
Reverie è un’artista visiva affermata nella pratica della performance. Vive tra Vinci e Milano, classe 1994, si dedica al tema della Ritualità quotidiana dopo aver trattato quello del Sogno, con una pubblicazione per Skira Editore, librosogni, e dei Sacramenti atei. L’indagine attuale è stata messa in mostra da Cassina Projects a Milano nel 2023 con una personale di trentadue opere inedite insieme alla performance Primo rito quotidiano. Vincitrice del Premio Città di Treviglio nel 2021, ha realizzato per la stessa città una scultura ambientale (La stanza delle lacrime vissute) nel 2022. Del ciclo sul Sogno è da ricordare la personale Il corpo dei sogni a cura di Paola Ugolini insieme alla Galleria Alessandro Albanese (2022) e la performance Sogno 5: Icaro presso Casa Morra di Napoli, a cura di Isabella Morra col testo di Piero Tomassoni (2022) nella quale l’artista si è appesa a una gru di 33 metri di altezza. La prossima personale sarà nel 2026 a Milano con C+N Gallery CANEPANERI che la rappresenta dal 2024.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati