Antonia Sautter racconta in un’intervista come nasce la magia del carnevale veneziano 

Cosa c’è dietro la magia del carnevale di Venezia? Lo racconta in un'intervista la stilista che dà trent'anni organizza il Ballo del Doge, il più famoso della città lagunare

Antonia Sautter, stilista e organizzatrice di eventi a Venezia – tra cui, dal 1994, Il Ballo del Doge, la festa in maschera più esclusiva del Carnevale di Venezia – da oltre 30 anni disegna e realizza a mano centinaia di costumi appartenenti a tutti i periodi storici; nonché costumi teatrali, creazioni allegoriche e di fantasia che vengono acquistate e noleggiate in tutto il mondo. L’Atelier Antonia Sautter, a pochi passi da Piazza San Marco, testimonia la grande tradizione del costume e rappresenta un percorso di scoperta di una Venezia autentica, che vive attraverso l’arte artigianale, un’eccellenza stimata in tutto il mondo.  

Antonia Sautter
Antonia Sautter

La visita all’Atelier Antonia Sautter 

La visita privata all’Atelier, tra gli oltre 1.500 costumi presenti, è un’opportunità per scoprire un luogo affascinante e magico, ricco di suggestioni ed eleganza; per entrare in una dimensione onirica fra costumi, maschere, copricapo, piume, nastri, cristalli e conoscere il cuore pulsante del Carnevale, dove il tempo è sospeso e l’incanto è ovunque. Uno dei momenti più apprezzati è la “Prova costume”, in cui il visitatore, indossando un abito come per magia si trova proiettato in un’altra epoca o in un mondo fantastico, dando libera espressione alla propria personalità. Per i più audaci, l’esperienza non si limita all’interno dell’atelier e continua con un’affascinante passeggiata tra le calli veneziane, accompagnata da uno shooting fotografico, per mantenere vivo il ricordo attraverso evocativi scatti. E come dice Antonia Sautter: “Indossa un costume, Vivi la Magia!” .
Durante la visita, oltre ai costumi gli ospiti possono apprezzare il processo di realizzazione di queste autentiche opere d’arte, come gli abiti della regina Maria Antonietta, Elisabetta I e di Casanova.  

Decorazione su tessuto. Credits Antonia Sautter
Decorazione su tessuto. Credits Antonia Sautter

Venezia dal XVI Secolo un “modello di buoni costumi” 

Venezia, celebrata già nel 1590, nell’opera di Cesare Vecellio Habiti antichi et moderni, come “miracolo del mondo”, “specchio di bellezza”, “modello di buoni costumi”, ha sempre messo in relazione i suoi valori culturali e sociali con la storia della moda e del costume. Storicamente gli abiti sono stati un riflesso delle dinamiche di una società, che grazie all’apertura data dagli scambi commerciali era anticonformista e libertaria. I veneziani non subivano le limitazioni sull’abbigliamento vigenti altrove. “Penso che Venezia sia sempre stata all’avanguardia, un apripista per le nuove tendenze, uno stimolo per la creatività, espressa attraverso l’arte del costume, quello di Carnevale, fino alla moda contemporanea. La mia sartoria ha l’atmosfera di una casa più che di un laboratorio e prende vita ogni mattina con l’arrivo delle sarte. Il primo appuntamento della giornata è sempre con loro, attorno al grande tavolo, tra bozzetti di abiti e costumi, tessuti e stoffe, fili da ricamo, pizzi, perle, spilli e forbici. Nel sottofondo il rumore familiare delle macchine da cucire e le spolette di filo che si srotolano con ritmo incessante, mentre ogni veste prende forma: i costumi teatrali, gli abiti da sposa, le collezioni di moda in velluto e seta stampati a mano, gli abiti da sera”, afferma Antonia Sautter. Il costume, il travestimento, la maschera sono tutt’oggi una licenza per svelarsi, per comunicare qualcosa di sé. Gli affascinanti codici della seduzione non sono cambiati: l’incontro all’Atelier è un momento di gioco e immaginazione. Scegliere un abito infatti equivale a proiettarsi oltre la realtà; svelando, al contempo, un intimo tratto della propria personalità, spesso taciuto nella vita di tutti i giorni.  

Il “Ballo del Doge” di Antonia Sautter  

Al Ballo del Doge di Antonia Sautter gli ospiti, indossando i costumi dell’atelier, hanno l’opportunità di immergersi in un mondo fantastico, fatto di decorazioni lussuose; scenografie concepite appositamente; spettacoli con oltre un centinaio di performer. Un sogno che dura una notte intera e rimane nella memoria per sempre. 
Antonia Sautter è una creativa a tutto tondo che da trent’anni fa “dell’handmade in Venice” la sua missione di artigiana artista del lusso. Nell’Atelier nascono collezioni di moda e abiti su misura dallo stile inconfondibile, frutto della ricerca di una bellezza indossata e vissuta, tra tradizione e contemporaneità. Velluto e seta sono i tessuti prediletti, le cui stampe reinterpretano in chiave moderna le antiche tradizioni. Rifacendosi alle antiche tecniche la Sautter disegna i temi decorativi e crea le matrici. Le sue collezioni di moda annoverano: borse, scarpe, kimono, accessori per l’abbigliamento e la casa. La donna viene rappresentata attraverso creazioni anticonvenzionali.  
Un elemento immancabile nelle sue collezioni sono le “Pantuffe”, neologismo che la stilista ha coniato per definire “le sue pantofole veneziane da passeggio”, rivisitazione delle pantofole tipiche friulane, originariamente indossate dai gondolieri. Antonia Sautter reinventa in modi alternativi anche creazioni ecclettiche e unisex, come il kimono. Una vesta che la stilista ha interpretato ispirandosi alle antiche tecniche e tradizioni giapponesi.  
La ricerca della bellezza e dell’armonia accompagnata all’amore per il mestiere artigianale sono al centro delle creazioni di alta moda di Antonia Sautter. Composti da pezzi unici, realizzati su misura, gli abiti di Antonia Sautter sono il frutto della sua passione per lo studio della storia del costume e per la ricerca di una creatività libera da vincoli, oltre le mode, cucita letteralmente a mano sulla personalità di ogni cliente.  

Antonia Sautter
Antonia Sautter

Intervista ad Antonia Sautter 

Ci racconta com’è nata la sua passione per gli abiti e per le grandi Regine della storia? 
La mia passione risale all’infanzia. Verso novembre io e mia mamma, grande creativa, iniziavamo a sognare il carnevale, teatro in cui esprimere la creatività. Lei era una sarta amatoriale ma esperta e il carnevale era una grande occasione per mettere in pratica le proprie capacità, io naturalmente ero la sua assistente. Era un grande gioco che mi appassionava e mi proiettava in altri mondi. Potevo essere Maria Antonietta oppure Mata Hari o la Regina di Cipro. Donne che conoscevo molto bene perché prima di confezionare un abito bisognava entrare nel personaggio. Attraverso il gioco mia madre mi insegnava a sognare, a vivere e ad esprimermi. Io e i miei amici ci trasformavamo in una compagnia teatrale, la cui scena era piazza San Marco. Scegliendo i vestiti per tutti ero una sorta di regista. Ecco, questo rapporto straordinario con mia mamma ha segnato tutta la mia vita. 

Come nasce il progetto di un vestito? …la stesura di un disegno? 
L’idea creativa forse non è casuale anche se lo sembra. In realtà, la mente di un creativo è sempre all’erta per cogliere piccoli dettagli: una nuance di colore, un riverbero dell’acqua; un particolare architettonico. Sempre in ascolto per recepire tutte le suggestioni. Talvolta il momento creativo è sofferto perché comporta responsabilità impegnative da sopportare.  
Poi elaboro gli spunti raccolti con i miei collaboratori in un rudimentale disegno e, da lì, gradualmente, l’idea prende forma e si trasforma in un bozzetto colorato, in una stoffa che viene trasformata ed elaborata. Per ogni Ballo individuo sempre un tema, l’anno scorso era “Ossessione”; quest’anno sarà “Couture”, dedicato quindi al costume. 

Nella creazione di abiti d’epoca qual è il rapporto tra verità storica e fantasia?  
Personalmente mi sento libera. Anche se il desiderio di rianimare quadri antichi mi ha portato a fare riproduzioni storiche filologiche, mi rendo conto che non sarà mai possibile realizzare una riproduzione esatta; dal momento che tecniche e materiali sono cambiati. Per questo preferisco attingere alla storia per produrre qualcosa di nuovo. Magari parto da un costume rinascimentale e lo arricchisco con dettagli contemporanei. I miei primi abiti sono stati filologici e, in questi 40 anni, mi sono divertita a trasformarli. Un gioco che mi ha fatto capire che in qualche modo si è andati più sulla “Couture” che sulla riproduzione storica. Motivo per cui quest’anno celebreremo il “Carnival Couture”. Un tributo al processo che sta dietro la creazione dei costumi della mia collezione, testimonianza di una vita. 

Come avviene la lavorazione dei tessuti e le stampe come vengono applicate? 
Le sete e i velluti di seta vengono tinti a mano con pigmenti naturali. Poi, si passa alla stampa, ottenuta da stampi “sgubbiati” a mano, in passato su legno, oggi su linoleum, materiale più duttile e meno deteriorabile. Le fantasie sono molteplici: disegni, damaschi, soprarizzi broccati antichi ma con un twist sempre un po’ moderno.  

Come vengono scelti gli accessori? 
Anche gli accessori sono creati da noi. I costumi che prevedono copricapi, gioielli, scarpe e tutto il resto vengono realizzati in sartoria; mentre, per quanto riguarda calzature e altre piccole cose ci avvaliamo di laboratori esterni. 
Poi c’è tutta la parte del mio lavoro relativa alla collezione moda, che non ha nulla a che vedere con i costumi e che presento nella mia boutique. Stoffe che stampo ogni giorno per realizzare calzature, le mie “pantuffe” e kimono.  

Quanto tempo ci vuole, in media, per la creazione di un abito? Dall’idea al confezionamento?  
È difficile dare dei tempi anche perché non mi pongo scadenze. Se c’è un abito che fa per me devo avere tutto il tempo possibile. Ho bisogno dell’ispirazione e, se non viene, lo sospendo per poi riprenderlo e finirlo. Un abito del ‘700 da uomo con tutte le decorazioni e le rifiniture richiede circa un mese di tempo, prove comprese. 

Modifica su misura gli abiti che le commissionano? 
Certamente. L’abito si può acquistare già confezionato; ordinare su misura o semplicemente noleggiare; in ogni caso si modifica sempre sul cliente. 

Esiste un criterio in base al quale proponete gli abiti ai clienti o vi attenete alle loro richieste e fisicità?  
Indossare un costume è per molti un sogno e il sogno deve essere realizzato quindi in primis si asseconda il desiderio del cliente. La maggioranza delle persone entra nel mio Atelier con qualcosa in mente. Cerco di soddisfare il loro sogno. Poi, naturalmente ci possono essere dei cambiamenti anche per motivi estetici, perché i miei clienti devono essere splendidi. La mia è l’arte della gioia e l’obiettivo è di renderli bellissimi e felici. 
È l’ABC: Arte, Bellezza e Creatività. In un momento in cui mancano i giochi collettivi, indossare un costume restituisce la possibilità di giocare un po’. In realtà il Ballo del Doge è un gioco collettivo. Il cui grande valore sta nell’essere un’occasione in cui le persone comunicano senza smartphone, scambiandosi gioia e sorrisi. 

Tra centinaia di abiti ce n’è uno a cui è affezionata in modo particolare? 
L’ultimo (ride). Io mi affeziono sempre a quello che sto facendo. Adesso sto perfezionando l’abito che rappresenterà il Ballo del Doge, progetto a cui attualmente sto dedicando più tempo. 

Paolo Bompani 

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Paolo Bompani

Paolo Bompani

Vive a Bologna, si occupa di cultura e comunicazione digitale, collabora con la Redazione di Vpoket, magazine patinato dove cura la rubrica “A tu per tu” con interviste a personaggi dell’intrattenimento e dello spettacolo. Per Artribune segue eventi fieristici, d’arte…

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