I dimenticati dell’arte: storia di Luisa Giaconi, la poetessa silenziosa 

Originaria di Firenze, morì solo a 38 anni. La sua poesia, che affascinava Dino Campana, attende ancora di essere riscoperta. Anche dagli editori

Per guadagnarsi da vivere copiava le opere degli artisti del passato, mentre in segreto scriveva liriche intense e appassionate nella Firenze di fine Ottocento, che piacevano a Dino Campana. Schiva e riservata, Luisa Giaconi (1870-1908) era nata in una famiglia aristocratica ma non agiata.  

Chi era Luisa Giaconi 

Il padre Carlo discendeva dalla nobiltà sassone ed aveva sposato Emma Guarducci, ma era un semplice insegnante di matematica, che si spostava in diverse città italiane per il suo lavoro. Soltanto alla sua morte Luisa poté tornare nella natia Firenze, dove terminò i suoi studi all’Accademia di Belle Arti. Dopo il diploma trascorreva le sue giornate nei musei fiorentini a copiare i capolavori, mentre affinava la sua sensibilità poetica, anche grazie all’amicizia con il suo vicino di casa Enrico Nencioni, critico letterario ed esperto di letteratura inglese. Erano “taciturne giornate”, come le aveva definite il suo caro amico Angiolo Orvieto, fondatore della rivista Il Marzocco, dove uscirono i suoi primi versi a partire dal 1899, a seguito della delusione causata dal fallimento della casa editrice Paggi, dove Luisa aveva a lungo sperato di pubblicare le sue poesie.  

L’opera di Luisa Giaconi 

Nello stesso anno la Giaconi iniziò una relazione amorosa con il giornalista e professore di letteratura inglese Giuseppe Saverio Gargàno, che collaborava con la stessa rivista. “L’interesse di Giaconi”, scrive Nicolò Bindi, “sta nell’invisibile, nel tentativo di rappresentare ciò che l’occhio, o l’orecchio, può arrivare ad intuire, ma non a vedere o sentire concretamente. Da qui, il legame con la dimensione onirica, chimerica, nel desiderio di un’altra dimensione priva dei dolori e del rumore tipici della modernità”. I suoi componimenti, di evidente matrice simbolista, risentono di letture variegate, che vanno da Dante a Leopardi fino all’ Ecclesiaste, con un interesse spiccato per la filosofia di Schopenhauer. Tra i suoi pochi ammiratori spicca Dino Campana, colpito da versi come “Li autunni non furon che eterne primavere velate di pianto; e la vita fu sogno e l’amore fu sogno, e parvero sogni le luci delli astri, e la dolcezza dei fiori, ed il tempo, e la morte. Poi che noi siamo sogni”. Tra le poesie più note di Giaconi figura Dianora: Campana lo propose al suo editore, che lo inserì per errore in una raccolta del poeta.  

Solo diversi anni dopo è stato chiarito l’equivoco, restituendo il poema alla Giaconi, che era ammalata di tisi fin da giovane.  

La poesia di Luisa Giaconi 

Ritiratasi in solitudine a Fiesole, la poetessa morì nel 1908 a 38 anni, poco prima della pubblicazione della sua raccolta di versi Tebaide. Poesie curata da Giuseppe Saverio Gargàno e uscita con Zanichelli nel 1909. Così la ricordava appunto Gargàno, nell’epilogo del volume: “Luisa Giaconi cercò ella stessa l’oscurità e il silenzio. Con l’istinto che rivelava nello stesso tempo l’elevazione del suo spirito e la più squisita delicatezza femminile, le parve cosa piccola ed inutile cercare i mezzi coi quali ordinariamente si giunge a salire qualche gradino di quella pubblica tribuna intorno alla quale s’agita sempre ondeggiante la folla senza nome”.  

Ludovico Pratesi  

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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