Tra Özpetek e Garrone: l’intervista al costumista Stefano Ciammitti sui retroscena dei costumi
Il costumista svela i retroscena del film di Ferzan Özpetek “Diamanti” e il lavoro con la sartoria Tirelli-Trappetti. Dalla ricerca sartoriale alla sperimentazione e combinazione di stili differenti: ecco la sua visione sul costume design

Il costumistaStefano Ciammitti è colui che fino a oggi ha firmato gli abiti di importanti film, e non solo, che hanno fatto parlare anche per la moda. Tra questi, spiccano Diamanti di Ferzan Özpetek, dove le sue creazioni omaggiano Danilo Donati, e il candidato agli Oscar Io Capitano di Matteo Garrone, che ha richiesto un’intensa ricerca documentale per restituire autenticità alla narrazione. Mentre nella serie La legge di Lidia Pöet, disponibile su Netflix, Ciammitti ha sperimentato un mix tra estetica vittoriana ed elementi punk, ottenendo grande apprezzamento per l’originalità delle scelte stilistiche. Il costumista ha portato in esclusiva Artribune dietro le quinte dei suoi progetti più recenti, in un viaggio tra ricerca, intuizione e creatività nel mondo del costume design.

L’intervista al costumista Stefano Ciammitti
I costumi in “Diamanti” hanno un impatto visivo fortissimo. Qual è stata la tua visione iniziale per il film?
Si è trattato di un film molto speciale per me perché era la prima volta che lavoravo con Ferzan, che mi ha trasmesso grande entusiasmo e libertà creativa dandomi totale fiducia. È stato anche molto coraggioso perché pur non conoscendomi ha voluto che entrassi in un film che parla del mondo dei costumi già in fase di scrittura, e assieme alle sceneggiatrici Carlotta Corradi ed Elisa Casseri è iniziato un lungo lavoro di documentazione negli archivi e nelle sartorie. Con grande divertimento, ho potuto raccontare centinaia di aneddoti, superstizioni, ma soprattutto il processo di immaginazione di come potesse essere questo abito che le protagoniste tentano di portare faticosamente a termine per tutto il film, come una grande cattedrale gotica – metafora della loro forza e della loro unione.
Il vestito rosso del poster di “Diamanti” è già entrato nell’immaginario collettivo. Com’è nato?
Per trovare l’idea del vestito rosso ho seguito le mie ossessioni; cerco sempre ispirazione nel regno animale, nelle piante e nella Natura in generale. Come diceva Albert Einstein: “Ogni cosa che puoi immaginare, la Natura l’ha già creata”. L’idea di una geometria perfetta, che portata all’estremo si trasforma in caos mantenendo comunque un suo ordine interno, è ben rappresentata dalle cristallizzazioni, di cui il diamante è un chiaro esempio. Un’altra mia grande ossessione è il lavoro della leggendaria costumista giapponese Eiko Ishioka. Durante il processo creativo, pensavo continuamente ai suoi iconici costumi per Bram Stoker’s Dracula di Francis Ford Coppola (1992). Nella storia del cinema, sono stati realizzati circa 138 film su Dracula – li ho contati io, quindi potrei sbagliarmi, ma semmai il numero è più alto, non più basso. Eppure, nonostante la vastità di interpretazioni, le immagini che Ishioka ha saputo creare attraverso i suoi costumi restano, a mio avviso, insuperate.
Quali sono state le ispirazioni e le sfide nel realizzarlo?
Credo che per la gonna del vestito rosso la mia ispirazione sia stata proprio l’enorme gorgiera bianca indossata dalla vampira Lucy Westenra, interpretata da Sadie Frost. Solo in un secondo momento mi sono reso conto che, portata all’estremo, poteva ricordare le affascinanti geometrie dei fiori, in particolare delle dalie. La realizzazione dell’abito ha richiesto oltre 160 metri di tessuto e un mese di lavoro, con ogni dettaglio curato minuziosamente: il tutto è stato doppiato di crinolina nera, mentre centinaia di piccole ‘tagliatelle’ rosse in PVC trasparente sono state applicate a mano, dal corpino fino a terra.








Il ruolo dei costumi nel film “Diamanti”
Il film gioca con epoche e suggestioni diverse. Quali?
Una delle idee che io e Ferzan condividevamo era portare sullo schermo gli abiti dei nostri film preferiti. Molti di questi costumi, ormai troppo delicati e preziosi per essere indossati, potevano comunque essere esposti sui loro manichini, trasformando l’ambientazione in una sorta di “film-museo”. Per un appassionato di cinema come me, è stata un’esperienza incredibile, come ad esempio la possibilità di vedere da vicino gli abiti-scultura di Piero Gherardi creati per Mina tra il 1964 e il 1970 – che non avevo mai avuto modo di osservare dal vivo.
Qualche esempio?
In una delle scene iniziali del film, spicca il geniale abito che Mina indossò per Fumo Blu. Uno dei ringraziamenti più grandi lo devo a Dino Trappetti della Sartoria Tirelli Trappetti che ha prestato alla produzione e consentito di far sfilare nella stessa inquadratura quattro abiti iconici del mio maestro Piero Tosi per Luchino Visconti (fino al 1975); il Gattopardo, Morte a Venezia, L’Innocente e Ludwig. Nel salone del set-sartoria, quando gli abiti sono stati mostrati alla troupe e alle attrici, si è diffuso un silenzio carico di ammirazione e contemplazione. In ogni inquadratura compaiono abiti o copricapi delle opere più importanti del novecento, come quello di Turandot di Maurizio Millenotti, il Don Carlos di Tosi, alcuni abiti de Le Mille e una Notte di Donati per Pasolini e molti altri.
In Diamanti, hai collaborato oltre alla Sartoria Tirelli-Trappetti, anche con Sartoria Farani. Com’è stato?
Grazie al costumista Piero Tosi, ho iniziato a frequentare la Sartoria Tirelli-Trappetti all’età di vent’anni. Anche Ferzan, suo grande amico, si rivolgeva spesso a lui per consigli e pareri sui suoi film (oggi è Mina la sua principale fonte di ispirazione – aggiunge Stefano). La Sartoria Tirelli-Trappetti ci ha accolto nei suoi archivi: quello fotografico, quello tessile e, soprattutto, l’immenso archivio di abiti. Ma ciò che ha reso l’esperienza davvero unica è stato l’incontro con le attrici, che hanno avuto l’opportunità di apprendere direttamente dai gesti e dalle parole delle sarte, tagliatrici, modiste e tintrici.
Il lavoro sui costumi per il film “Io Capitano”
Io Capitano racconta un viaggio potente e drammatico. Come hai tradotto questo percorso nei costumi, tenendo conto delle sfide narrative e ambientali?
L’obiettivo era rendere le cose il più naturali e credibili possibile senza forzature. Nel film, ogni persona in scena, anche i passanti, è vestita da noi perché rendere tutto perfettamente naturale era necessario. Mentre raccoglievo per strada magliette strappate, cappelli tradizionali e tessuti, mi dicevo: alla fine, chi guarderà il film dovrà credere che nulla sia stato creato appositamente, come se tutto fosse stato ripreso spontaneamente. Ho allestito la sartoria in un ex nightclub della Medina, sul mare, vicino ai pescatori, alle pecore e ai negozietti di lamiera illuminati al neon che si vedono all’inizio del film. E da lì è iniziata una delle avventure più emozionanti della mia vita che mi ha profondamente cambiato e ispirato per i lavori futuri.
Nei tuoi lavori il costume diventa un linguaggio che dialoga con il personaggio e la storia. Qual è la prima domanda che ti fai quando inizi a disegnare un guardaroba per un film?
Il punto di partenza per me sono sempre gli occhi e il volto, proprio come mi ha insegnato il mio maestro Piero Tosi. Matteo Garrone, nella selezione del cast, non si limita ai protagonisti: per scegliere anche solo una comparsa ne osserva centinaia, sempre alla ricerca del volto giusto. Tra i miei preferiti ci sono i “malviventi”, con i loro corpi e lineamenti inquietanti, distorti, meravigliosi—basta aggiungere un dettaglio e tutto prende vita, quasi esplode. A volte incutevano davvero timore, anche se nella realtà erano persone dolci e affabili. Matteo mi incoraggiava a sperimentare con accessori, occhiali e cappelli di ogni tipo, elementi che di solito i costumisti cercano di evitare perché possono creare ombre o riflessi. Per me, invece, sono fondamentali nella costruzione di un personaggio, quindi ero felice di poterli usare liberamente.
C’è un costume cinematografico che consideri un capolavoro assoluto?
Da bambino ho visto tantissimi film, ma uno in particolare mi ha segnato profondamente: Arancia Meccanica di Stanley Kubrick. Lo guardavo quasi ogni giorno, probabilmente troppo piccolo per capirlo fino in fondo. I costumi, firmati dalla straordinaria Milena Canonero, sono iconici. L’outfit di Alex nel negozio di vinili è semplicemente indimenticabile.
Considerato che siamo alle porte della stagione degli Oscar, c’è un film recente che ti ha colpito particolarmente per il lavoro sui costumi?
Devo essere sincero non seguo molto i premi, ma posso dire che ho amato molto il lavoro sui cappelli che Massimo Pieroni, un modista bravissimo con cui ho la fortuna di lavorare, ha fatto per Nosferatu di Robert Eggers.
Lara Gastaldi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati