La mano di Luca Signorelli riemerge sotto le ridipinture: il video del restauro
Il restauro della Pala di Santa Cecilia, nella pinacoteca di Città di Castello, ha stabilito l’attribuzione al celebre artista rinascimentale. Ritenuta fino ad oggi di bottega, era scampata a Napoleone e a Hitler
Nella pinacoteca cinquecentesca di Città di Castello si può ammirare la cosiddetta Pala di Santa Cecilia (1516), appena restaurata e adesso ufficialmente attribuita a Luca Signorelli. A stabilire che si tratti del pittore che ispirò Raffaello e Michelangelo, e non della sua bottega, come ritenuto fino ad oggi, è Tom Henry, massimo esperto signorelliano, che ha seguito da vicino il restauro dell’opera.
Scoperta la mano di Luca Signorelli durante il restauro della Pala di Santa Cecilia
L’intervento ha infatti riportato in luce la fisionomia originale dei personaggi, che erano stati ridipinti nel Seicento, secondo i dettami moralizzatori del Concilio di Trento, finendo per nascondere la mano di Signorelli.
Grazie alle puliture sono tornati visibili i colori squillanti dei panneggi, che erano stati attutiti da uno strato opacizzante, la nudità del Bambino e le forme del corpo della Vergine, censurate da veli posticci, e soprattutto i volti delle sante, che risultavano alterati, perdendo l’espressione di verità psicologica, tipica del maestro cortonese.
Dal Louvre a Città di Castello: la storia della Pala attribuita al Signorelli
Nonostante le ridipinture seicentesche, la pala era stata scelta nel 1812 da Vivant Denon, primo direttore del Louvre, con l’idea di ampliare la collezione italiana dell’allora Musée Napoléon ai precursori di Raffaello. La pala si salvò per le sue dimensioni (due metri per tre e oltre un quintale di peso), per cui sarebbe servito un carro apposito per trasportarla oltralpe.
Ancora più movimentata la storia della predella: nel 1940 finì nelle mani di Hitler, che batté sul tempo Göring in una surreale asta nazista per acquistarla (a prezzo ben ribassato) assieme alla collezione del chirurgo svizzero Otto Lanz. Nel ’45 i Monuments men americani la ritrovarono nella miniera austriaca di Altaussee, qui nascosta assieme alle migliaia di opere previste per il Führermuseum.
Nel 1994 tornò al museo umbro grazie alla donazione della Cassa di Risparmio di Torino, che l’aveva acquistata all’asta, permettendo la ricomposizione della pala dopo quasi due secoli.
Un illustre precedente alla Pinacoteca di Città di Castello
Grazie al restauro (sostenuto dall’Università eCampus tramite Art Bonus, condotto da Paolo Pettinari sulla pellicola pittorica, Marco Santi sul supporto ligneo e da Francesca Rosi nelle indagini scientifiche), l’opera si aggiunge agli altri dipinti di Signorelli nella pinacoteca di Città di Castello.
Tra questi spicca il Martirio di San Sebastiano, che attirò il giovane Raffaello, mentre fuori città si possono vedere gli splendidi affreschi di Morra. Furono salvati dal degrado esattamente cinquant’anni fa, quando Alberto Burri, vendette alcuni suoi quadri per finanziarne il restauro.
Giuseppe Sterparelli
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