Uno spettacolo a teatro ricorda Camille Claudel per parlare dell’artista oggi
L’estasi della lotta è lo spettacolo di e con Carlotta Viscovo in cui la vita della scultrice francese Camille Claudel viene rievocata per riflettere su arte e politica, vocazione e compromesso, ambizione e autosabotaggio

L’attrice torinese Carlotta Viscovo è stata per molti anni protagonista delle lotte portate avanti dal sindacato dei lavoratori dello spettacolo, portavoce di colleghi e colleghe condannati al precariato e alla marginalità. Un impegno che, nondimeno, ne ha progressivamente annullato l’attività artistica… Un’esperienza di vita intensa e dolorosa, in cui risuonano molti aspetti della biografia della scultrice Camille Claudel, segnata dall’amore per Rodin e dalla presunta follia. Con la collaborazione della drammaturga Angela Dematté e della coreografa Alessandra Cristiani, Viscovo ha creato e portato in scena L’estasi della lotta che, dopo il debutto dello scorso autunno al FIT Festival di Lugano, è stato in scena al Teatro Fontana di Milano e il 15 aprile sarà al Teatro G. Testori di Forlì.
Com’è nato il progetto L’estasi della lotta
Gli anni più recenti della vita di Carlotta Viscovo, un’endoscopia clinicamente fredda eppure carnalmente appassionata dei propri moventi e sentimenti, delle proprie aspirazioni e fragilità. Un’onestà e un’implacabilità di sguardo che l’attrice (1977, diplomata nel 2000 alla Scuola del Teatro Stabile di Torino allora diretta da Luca Ronconi) rivolge al periodo trascorso quale portavoce dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo, un impegno esclusivo nel sindacato che la sottrae, però, al palcoscenico. Un sacrificio tuttavia compensato dall’apparente successo dell’azione sindacale: l’approvazione di una legge di riforma del settore dello spettacolo dal vivo sembrava infatti vicinissima.

La storia di Camille Claudel a teatro
Ma proprio in quel momento arriva il silenzioso ma incisivo intervento di chi quei cambiamenti li ostacola perché lesivi dei propri interessi e Viscovo si ritrova isolata, messa improvvisamente da parte e senza neppure la prospettiva di ritornare presto in teatro. In quel momento ritorna, però, viva e sonora la figura di Camille Claudel, scultrice di cui l’attrice aveva iniziato a interessarsi già dal 2004, dopo averne ammirato alcune opere a Parigi. L’intuizione di un’affinità elettiva che, dopo molti anni, diviene base sulla quale costruire uno spettacolo che dall’esperienza personale sappia parlare di questioni universali: la vocazione artistica può convivere con l’ansia di verità e giustizia?
Com’è costruito lo spettacolo L’estasi della lotta
Con la complice collaborazione della drammaturga Angela Dematté, autrice del copione, e della coreografa Alessandra Cristiani che ha disegnato i movimenti, Carlotta Viscovo porta in scena quello che non è un semplice monologo, ma anche installazione visiva e performance – l’allestimento dello spettacolo non stonerebbe in un museo – in cui video, musica, gesto, corpo e parola scrivono insieme una paradigmatica e interrogante parabola d’artista.
Carlotta Viscovo, con una lunga camiciola bianca, accoglie il pubblico già in scena, accanto all’abbozzo di una scultura: i suoi movimenti, sinuosi ed espressivi, ricostruiscono con carnale evidenza alcune sculture e ritratti realizzati da Camille Claudel – da Rêve au coin du feu a L’implorante, da L’homme penché a Persée et la Gorgone – ma anche da Auguste Rodin, che dell’artista fu amante/carnefice – dal notissimo Le Baiser alla Tête de Camille Claudel. Una sequenza onirica e tuttavia materica, arricchita dalle luci, dalle proiezioni e dalla musica, cui segue il monologo vero e proprio dell’attrice, introdotto da un video in bianco e nero girato durante alcune delle manifestazioni indette dai lavoratori dello spettacolo: piani spazio-temporali eterogenei si intrecciano e compenetrano, assicurando così logica e naturale coesione allo spettacolo.

Quali sono i temi di L’estasi della lotta
La lotta politica – quella per i diritti degli attori da parte di Carlotta e quella di Camille affinché il sistema ne riconoscesse l’autonomia di artista – e l’estasi che sempre accompagna la creazione artistica, almeno quando quest’ultima è autentica, possono convivere o, meglio, confluire l’una nell’altra? E in che modo? Lo spettacolo di Carlotta Viscovo non offre risposte granitiche che, in fondo, non esistono, ma s’interroga insieme agli spettatori – cui l’attrice esplicitamente si rivolge – su come sia possibile far coincidere irrinunciabili valori civili e vocazione artistica, la necessità di denuncia e l’analogo, vitale, bisogno di dare concreto e immaginativo sfogo al proprio talento. Chi ci parla dalla scena, una creatura che è un po’ Camille e un po’ Carlotta, ha bisogni concreti per i quali non esita a protestare – i soldi per acquistare le materie prime per scolpire, quelli per i periodi di disoccupazione fra una scrittura all’altra -, ma ha anche un vorticoso mondo interiore che preme per trovare forma ed espressione. Economia e libertà artistica, compromessi e ansia di giustizia, pubblico e privato, ambizione e autocensura: dicotomie irrisolte con cui ogni vero artista si trova a fare quotidianamente i conti e che Carlotta Viscovo, inevitabilmente coinvolta e nondimeno salda ed efficace, illustra con eloquente problematicità, non tralasciando di richiamare la responsabilità di chi dell’arte fruisce nelle scelte di chi la crea…
Laura Bevione
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