L’occhio della città. Intervista allo street photographer Fabio Renzi
Proseguono le interviste sulla fotografia di strada in collaborazione con Daylight School. Stavolta parla Fabio Renzi, che attraverso la sua fotocamera riflette sulle connessioni fra sguardo ed emozioni, con palcoscenico la Città Eterna

“La fotografia di strada è un ballo nel quale il corpo di chi fotografa diventa pennello e lo spazio tela, un gioco di sguardi, un modo di riempire gli spazi di presenza”. Credevo di aver letto questa pessima frase scrollando i social, fino a quando non ha fatto capolino nella mia testa il pensiero che non fosse altro che il risultato di un sogno disturbato. Come quello che accadde, con risultati decisamente diversi, nel 1965 a un giovane cantautore di Liverpool quando scrisse Yesterday, e chiese in giro se qualcuno ricordasse una canzone simile, temendo di aver inconsciamente plagiato una hit del momento: nessun plagio, il miracolo era stato servito tramite sogno.
Se c’è una teoria che cerco di spiegare ai miei vicini quando ascolto la musica a volume caccia bombardiere è il concetto di non dualità nella tradizione dell’Advaita Vedanta. Teoria che temo di non riuscire a trasferire loro come si deve, in primis per carenze scolastiche ma soprattutto perché abitiamo sulla Casilina e non nella remota Omkareshwar: il concetto di non dualità è l’idea che non esista una separazione fondamentale tra il soggetto e l’oggetto, tra l’osservatore e il mondo osservato. In altre parole, la realtà ultima è un’unità indivisibile e l’idea di dualità (come soggetto e oggetto, dentro e fuori) è una costruzione mentale che non corrisponde alla verità profonda dell’esperienza. Fotografando in strada, a volte capita che spazi, intermezzi e sostanza ritmica si uniscano in una sinfonia, perché, parafrasando Miles Davis, “non è ciò che suoni, ma ciò che non suoni che è importante”.
Fotograficamente parlando, è lo spazio e il suo non dualismo con i soggetti a suggerirci come i ‘’vuoti’’ siano, a tutti gli effetti, presenza, possibilità, anima. Ho sempre amato la fotografia di strada fatta di spazi e ‘’dialogo’’ fra fotografo e fotografato, di sguardi e visioni: per questo l’intervista di oggi sarà a Fabio Renzi, fotografo romano che attraverso la sua fotocamera riflette sulle connessioni fra sguardo ed emozioni, con palcoscenico la Città eterna.
L’intervista al fotografo romano Fabio Renzi
Quando hai incontrato la fotografia?
Ho iniziato a fotografare nel 2012, in un periodo in cui sentivo il bisogno di trovare un mezzo di espressione. Con la fotografia mi sono sentito a mio agio, libero di esprimermi. Il mio rapporto con la fotografia si è consolidato quando ho iniziato a lavorare su un progetto a lungo termine, esplorando il lavoro dei grandi autori e incontrando sempre più fotografi. Ho iniziato a fotografare in strada subito dopo la pandemia: la distanza fisica forzata aveva generato in me anche una distanza emotiva. Finito il lockdown, non mi sentivo pronto a riprendere i lavori che avevo messo in standby, ma sentivo il bisogno di riavvicinarmi alle persone e al mondo intorno a me.
Credi che qualcosa ti abbia portato a volerti esprimere con questo mezzo?
Il mio primo progetto fotografico a lungo termine mi ha permesso di crescere molto, sia sul piano personale sia fotografico. È stata sicuramente quell’esperienza a consolidare la mia scelta del mezzo: un modo per entrare in contatto con gli altri e di conseguenza con me stesso.

Il futuro della fotografia di strada secondo Fabio Renzi
Cosa pensi della fotografia di strada, può essere ancora un modo di testimoniare il quotidiano o sta evolvendo in altra direzione?
In strada le possibilità sono infinite. Si può documentare il quotidiano attraverso approcci molto diversi, tra riproduzione e interpretazione ci sono infinite sfumature. Credo che sia fondamentale contestualizzare la fotografia di strada nella società di oggi. Non ha molto senso paragonarla alle fotografie del passato, poiché parlano un linguaggio diverso.
Hai collaborato come giudice a un importante festival di fotografia come il Livorno, quali credi siano i pro e i contro di queste manifestazioni?
È stata un’esperienza che mi ha lasciato molto, perché l’ho vissuta appieno. L’incontro con altri autori mi ha arricchito. L’importante è partecipare: non basta inviare le foto a un festival, è necessario andarci di persona, partecipare ai talk e sottoporre il proprio lavoro alle letture portfolio. È un’occasione per condividere e costruire la nostra fotografia. Considerare i festival solo come una lotteria a premi o come un’opportunità di visibilità non è un approccio costruttivo.

Lo stato della fotografia oggi secondo lo street photographer Fabio Renzi
Qual’è lo stato di salute della fotografia di strada oggi?
Penso che goda di ottima salute: le sue caratteristiche la rendono molto accessibile e, nei grandi numeri, c’è anche molta qualità. Negli ultimi anni sono aumentati i festival a tema e le pagine dedicate sui social. A differenza di altri “generi”, la fotografia di strada è libera da molti condizionamenti e non richiede grossi investimenti economici. L’aspetto negativo è che non riscuote grande interesse da parte degli editori e nel circuito dell’arte.
In che modo credi i social possano aiutare o penalizzare il percorso “artistico” di un fotografo?
I social sono un grande contenitore di umanità in tutte le sue sfaccettature. In passato, la fotografia veniva veicolata in modo più “istituzionale”, mentre oggi chiunque può mostrare le proprie immagini attraverso i social. Questo approccio può generare modelli sia positivi sia negativi: c’è tanta buona fotografia che può arricchire la nostra cultura visiva, ma credo sia più difficile riconoscerla per chi non ha strumenti.
Che consigli daresti a chi si approccia a questo linguaggio fotografico?
Le cose che mi hanno fatto crescere sono il desiderio di conoscere, sperimentare e soprattutto la tenacia. Chi ha un bisogno sincero trova sempre la strada per soddisfarlo; legare il bisogno alla ricerca della riconoscenza, invece, credo sia un grande errore. Tra i consigli pratici, ritengo fondamentale padroneggiare bene la tecnica per lasciare spazio alla creatività durante la ripresa, guardare tanta buona fotografia, fotografare tanto e cercare il confronto con gli altri.
Marco Sconocchia
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