“Cabiria”. Ecco come è nato il primo kolossal tutto italiano
Scritto e titolato da Gabriele D'Annunzio, la creatura del 1914 di Giovanni Pastrone dura più di tre ore e costa come venti film del tempo. Ecco come ha cambiato l'immaginario cinematografico

Creare un’esperienza visiva senza precedenti, il capolavoro assoluto, l’opera d’arte totale: questo ha in mente Giovanni Pastrone quando, nel 1914, realizza il suo Cabiria, il primo kolossal che avrebbe dato vita a una forma di cinema che non avrebbe più smesso di affollare le sale cinematografiche costruendo un nuovo immaginario.
Cabiria. Tecnica ed epos
Cabiria è l’origine di tutto. Nasce negli studi di Torino – dove prospera la prima vera industria cinematografica mondiale, anche se qui dura poco – ma è girato anche in Tunisia, in Sicilia e perfino sulle Alpi. Dura più di tre ore e costa come venti film dell’epoca. Scritto e titolato dal vate Gabriele D’Annunzio, Cabiria è un’opera che per gli storici del cinema amplia gli orizzonti tecnici e narrativi del cinema muto, ponendo le basi della spettacolarizzazione di una settima arte spesso musicata dal vivo, in sala, con partiture originali e non, eseguite da pianisti e perfino intere orchestre.
Pastrone è il primo a usare il carrello, che permette alla macchina da presa di muoversi fluidamente, liberando la narrazione dall’immobilismo della cinepresa statica e aprendo la strada a un racconto visivo più dinamico e coinvolgente. Ma Cabiria è anche scenografie grandiose e un uso massivo di effetti speciali; è una rivoluzione che impone i nuovi standard delle produzioni a venire. Dall’eruzione dell’Etna alle epiche battaglie tra Romani e Cartaginesi, ogni scena della storia (ambientata prima della seconda guerra punica) si trasforma in un quadro di imponente spettacolarità, contribuendo a creare quell’estetica che diventerà il marchio di fabbrica dei grandi film storici successivi.

L’impatto culturale di Cabiria e la nascita di un mito
L’impatto culturale dell’opera è mostruoso: Cabiria rafforza l’immagine dell’Italia come culla di una straordinaria tradizione artistica e culturale, esaltando episodi epici del passato e alimentando il senso di una identità nazionale. La sua rappresentazione del mondo antico diventa modello per innumerevoli produzioni successive, influenzando il modo in cui la storia verrà raccontata sul grande schermo. E poi c’è lui, Maciste, interpretato da Bartolomeo Pagano, che nasce con Cabiria e che grazie alla sua forza e nobiltà d’animo s’impone come modello conquistando il pubblico e originando una lunga serie di film incentrati sulle sue gesta.
Eredità e riscoperta di un capolavoro, Cabiria
Prima di Cabiria, il cinema è un’arte ancora giovane, legata a produzioni brevi e a una narrazione elementare. Il kolossal di Pastrone cambia tutto, ridefinisce il concetto di spettacolo cinematografico. Dall’altra parte dell’Atlantico, registi come DW Griffith lo studiano e imparano: il suo “fondativo” Intolerance esce due anni dopo. Hollywood nasce così dalla scintilla torinese.
Dietro tutto ciò c’è un uomo, Giovanni Pastrone, nato ad Asti nel 1883, visionario e pioniere del cinema muto. Il suo capolavoro è stato al centro di un recente convegno internazionale organizzato all’Università di Torino e curato dalla storica del cinema e prorettrice Giulia Carluccio e dal docente di cinema e comunicazione audiovisiva Silvio Alovisio, dal titolo Cabiria Atlas. Percorsi transdisciplinari tra immagini e immaginario, intorno e oltre Cabiria. Che ci ricorda anche quanto Cabiria sia un film da rivedere.
Nicola Davide Angerame
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