Al cinema arriva il nuovo film” L’albero” di Sara Petraglia

Dopo l'anteprima alla Festa del Cinema di Roma, è al cinema il film opera prima di Sara Petraglia che ruota attorno al tema della dipendenza, affettiva e da sostanze

Due amiche e un albero. Per Bianca (Tecla Insolia) è un’ossessione, un amuleto su cui posare lo sguardo ad ogni intermittenza del cuore. Per Angelica (Carlotta Gamba), è come se non esistesse. Ci sono poi il Pigneto, gli after sulla Casilina, le biciclette, i ragazzi di Marechiaro. La prova d’esordio di Sara Petraglia (Roma, 1989), L’albero, film prodotto dalla Bibi Film e distribuito da Fandango,è un lungometraggio autobiografico, terso, mai banale, che traspone la storia della regista e sceneggiatrice in un racconto a corrente alternata sulla ricerca di se stessi e del piacere “figlio d’affanno”, per dirla alla Leopardi, come farebbe Bianca. 

L’albero: la fine della giovinezza

Il tramonto della giovinezza come topos, ma anche relazioni sfumate, la nostalgia per qualcosa che non è ancora accaduto, il rifiuto del futuro. Le due ventenni vogliono restare assopite, finire il sogno prima di diventare grandi. Sara Petraglia racchiude tutto questo in un film piccolo, ma potente. Al momento, in Italia sembra essere la risposta più autentica ai ritratti generazionali finora catturati solo dai romanzi di Sally Rooney.

Le protagoniste del film Bianca e Angelica

Bianca ha 23 anni e le sembrano già troppi. Se n’è andata da casa dei suoi, dovrebbe fare l’università, ma non ci va mai. Ha poche, precise ossessioni: il tempo che passa, un diario, la cocaina e Angelica, reduce dal terremoto dell’Aquila. Da quando vivono insieme, tutto corre più veloce, precipita. In simbiosi, costruiscono un microcosmo in cui dimenticarsi di vivere: i giorni si confondono, il martedì è uguale al sabato, la notte si fa giorno, la polvere di cocaina è sempre incastrata tra le narici. Si abbracciano, si baciano, cantano Sergio Endrigo con il phon come microfono. Si sballano, si perdono, si ritrovano. Sul muro del loro soggiorno un poster di Leopardi; sul frigo, come mantra, correggono un imperativo su una calamita “time is precious, don’t waste it”. 

Il film L’albero

Festeggiano per affrontare il tempo”, per cercare una risposta alla domanda che assilla Bianca, “perché siamo tutti tristi?”. Galleggiano sulle relazioni, vicine o lontane, sostenibili solo a botte di cocaina. Gli adulti trapelano in controluce attraverso bonifici o lettere indirizzate alla madre, prima di un collasso. La regista Sara Petraglia ha così costruito “mondi in cui gli uomini non esistono, così come non esistono gli adulti. Mondi in cui le sostanze non sono né puro edonismo, né espressione di marginalizzazione sociale – ma una dimensione personale e oscura in cui si formano relazioni, alcune effimere, altre indissolubili”. E mentre gli passa davanti tutto quello che non sono, nel film si alternano gesti minimi, primi piani sui volti e inquadrature geometriche, che non sono mai estetismi fini a se stessi, ma strumenti per descrivere, con assoluta verità, il tumulto dell’avere vent’anni. Dopo un evento traumatico e la perdita di Angelica – che affacciata sul mare di Napoli, sembra assumere le sembianze de L’angelo caduto di Alexandre Cabanel – e diverse sedute al Sert, Bianca comprende che è giunto il momento di toccare l’albero. Come la siepe per Leopardi, è un muro che divide il presente dal futuro. Deve romperlo per scegliere, tra le mille traiettorie esistenziali, la sua. 

Noemi Palmieri

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