Malgrado valga miliardi, il mercato dell’arte in Italia è in crisi e non conta granché

Con volumi di affari oltre il miliardo e impatti complessivi oltre i 3, l'industria dell'arte italiana è in affanno e a rischio di tenuta, per congiunture internazionali e storture tutte nostre. Un nuovo studio di Nomisma mette sul tavolo della politica un po' di numeri sul presente e il futuro del comparto

Ha generato nel 2023 un volume di affari di 1,36 miliardi di euro e un impatto economico complessivo di 3,86 miliardi di euro l’industria dell’arte in Italia. Eppure a contraddistinguerla attualmente è una lenta e costante, quanto preoccupante, contrazione. E nel mezzo di un periodo recessivo su scala internazionale e globale, il comparto artistico italiano sembra pagare uno scotto anche più alto, soprattutto a causa di un sistema fiscale non allineato a quello degli altri Paesi europei e gravato dall’aliquota IVA più elevata a livello comunitario.

Presentato a Roma il secondo Rapporto Nomisma sull’industria dell’arte italiana

Sono questi solo alcuni dei temi affrontati a Palazzo Wedekind a Roma il 27 marzo 2024, nel corso dell’evento Il mercato dell’arte in Italia. Le sfide per competere in Europa, organizzato dall’Associazione Gruppo Apollo per presentare il secondo rapporto Arte: il valore dell’industry in Italia, promosso dal Gruppo e realizzato dall’osservatorio di Nomisma, in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Tra i partecipanti all’incontro esponenti del Governo, a cominciare dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli, Roberto Marti e Federico Mollicone, presidenti della Commissione Cultura del Senato e della Camera, Alessandro Amorese, componente della Commissione Cultura e primo firmatario della proposta di legge per la riduzione dell’IVA per il mercato dell’arte, nonché Stefano Lucchini, Group Chief Institutional Affairs and External Communication Officer Intesa Sanpaolo, e diversi rappresentanti dell’industria artistica, tra cui i galleristi Alessandra Di Castro e Sirio Ortolani, Presidente del Gruppo Apollo e di ANGAMC, e il direttore della fiera miart Nicola Ricciardi.

Il mercato dell’arte in Italia. Le sfide per competere in Europa
Il mercato dell’arte in Italia. Le sfide per competere in Europa

Gli ostacoli fiscali alla produttività del mercato dell’arte italiano

Nonostante una produttività non trascurabile, la filiera artistica italiana appare oggi compromessa da troppi ostacoli, come l’aumento dei costi operativi e le mancate agevolazioni fiscali, e vede diminuire non solo il proprio fatturato, ma anche il numero degli operatori attivi sul territorio nazionale, tra le 1.618 gallerie d’arte e i 1.637 antiquari.

Il nodo fiscale resta pressante, soprattutto in considerazione di quanto accade in Paesi a noi vicini. Mentre infatti vige in Italia l’aliquota ordinaria del 22% per la cessione di opere d’arte, la più alta in Europa, Francia e Germania sono già passate a regimi agevolati rispettivamente al 5,5% e 7% per tutte le transazioni artistiche, incluse importazioni e cessioni. In soldoni, per la stessa opera d’arte un collezionista si trova ora a pagare fino al 18% in più acquistandola in Italia, piuttosto che in Francia. Con il rischio che le nostre gallerie vengano abbandonate in blocco dagli artisti, attirati da condizioni più favorevoli in altre aree geografiche. Oltre che con un danno conseguente su tutte le eccellenze e gli operatori della filiera: restauratori, trasportatori, studiosi, artigiani, tutti legati allo stesso filo produttivo.

Il mercato dell’arte in Italia. Le sfide per competere in Europa
Il mercato dell’arte in Italia. Le sfide per competere in Europa

I dati di Nomisma sul presente e il futuro dell’arte in Italia

Al di là di ogni ipotesi che rischi di sfociare nell’approssimazione o in un nazionalismo fuori tempo massimo e siccome a contare sono i numeri e i dati, lo studio realizzato da Nomisma si è dato dunque l’obiettivo di misurare gli impatti diretti, indiretti e indotti che deriverebbero dalla riduzione dell’IVA sull’importazione in Italia di opere d’arte da Paesi extra-UE. Per poi restituire lo scenario allarmante causato dalla mancata applicazione di un’aliquota ridotta anche sulle transazioni interne, evidenziando criticità e fragilità sistemiche della filiera, che ne mettono a rischio la tenuta. Secondo le stime di Nomisma, infatti, il settore potrebbe perdere fino al 28% del fatturato complessivo, con punte del -50% per le piccole gallerie. Portando, al contrario, al 5% l’Iva sulle transazioni artistiche, avvicinandola ai parametri francesi, in un solo triennio il fatturato complessivo generato da gallerie, antiquari e case d’asta crescerebbe fino a raggiungere circa 1,5 miliardi di euro, con un effetto positivo sull’economia italiana stimato fino a 4,2 miliardi di euro.

La scelta e le decisioni sono in capo alla politica e le associazioni di categoria, più che rendersi disponibili alla produzione di informazioni, come lo studio Nomisma, e a un dialogo aperto con il Governo, possono fare ben poco, se non supportate in modo rapido e concreto nella sfida per salvare la competitività del mercato dell’arte italiano, preservando quello che è al tempo stesso un settore economico e produttivo e un presidio culturale. La palla ora passa al Governo.

Cristina Masturzo

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Cristina Masturzo

Cristina Masturzo

Cristina Masturzo è storica e critica d’arte, esperta di mercato dell’arte contemporanea, art writer e docente. Dal 2017 insegna "Economia e Mercato dell'Arte" e "Comunicazione e Valorizzazione delle Collezioni" al Master Accademico in Contemporary Art Markets di NABA, Nuova Accademia…

Scopri di più