Due generazioni della danza contemporanea si incontrano a teatro a Milano
Dopo 20 anni, la coreografia creata e interpretata dalla grande ballerina Raffaella Giordano torna sul palco all’Out Off con la giovane Stefania Tansini. Per l’occasione, abbiamo intervistato l’ideatrice e protagonista originale

Ha debuttato il 29 marzo al Teatro Out Off di Milano, nell’ambito del festival FOG, la versione 2025 di Tu non mi perderai mai, il solo, “liberamente inspirato dal Cantico dei Cantici”, creato e interpretato venti anni fa da Raffaella Giordano (Torino, 1961) che l’ha ricostruito per Stefania Tansini (Ponte dell’Oglio, 1991), talento fra i più brillanti e originali della scena coreutica contemporanea. Un nuovo spettacolo – prodotto da Sosta Palmizi, compagnia co-fondata dalla stessa Giordano, insieme a Triennale Milano Teatro, Fuorimargine Centro di produzione di danza e arti performative della Sardegna, Fondazione Teatro Grande di Brescia e Centro di Rilevante Interesse per la Danza Virgilio Sieni – che testimonia di un dialogo generoso e paritario fra generazioni. Un passaggio di testimone che, se da un lato indica la possibilità di sopravvivenza non meramente archeologica delle coreografie del passato; dall’altro riafferma la natura costantemente generativa della danza. Ne abbiamo parlato con Raffaella Giordano, allieva e interprete di Carolyn Carson e Pina Bausch, da più di trent’anni protagonista della danza europea, collaboratrice anche di importanti progetti operistici, teatrali e cinematografici.
L’incontro tra Raffaella Giordano e Stefania Tansini
“Le cose non accadano per ferma volontà, ma hanno sempre a che vedere con coincidenze, epifanie. Osservando Stefania in scena, ho ricevuto un’immagine che mi ha rammentato una qualità di presenza che assomigliava a quella propria di questo pezzo.” Il pezzo è Tu non mi perderai mai che aveva debuttato vent’anni prima proprio alla Triennale di Milano, nell’ambito del Festival Internazionale di Performing Arts UOVO, il cui direttore, Umberto Angelini, è stato colui a cui Raffaella Giordano ha rivelato questa epifania. A quel punto “Umberto ha rilanciato e mi ha proposto di ricostruire il pezzo.” Ecco l’origine, tutt’altro che razionale ovvero programmata, di un progetto germinato, invece, da coincidenze fatali. Raffella e Stefania si sono dunque incontrate, ma la più giovane “non sapeva di che cosa si trattasse. Tu non mi perderai mai è una sorta di finis terrae della mia produzione: appartiene alla stessa famiglia di Cuocere il mondo [2007, una creazione per sette interpreti incentrata sul tema dell’Ultima cena nel dipinto di Leonardo Da Vinci].Ho condiviso con Stefania il pensiero alla base dello spettacolo e abbiamo visto insieme il video. È difficile ricostruire, non si può razionalizzare ma si è trattato, invece, di costruire di nuovo quel vuoto.” Alla giovane danzatrice, poi, Raffaella Giordano ha affidato gli stessi costumi – gonna e camicetta, quest’ultima da stringere dato il fisico minuto di Stefania – conservati in una “valigetta” – la coreografa conserva in valigie necessariamente di varie dimensioni oggetti e costumi di ciascuna produzione – e ritrovati “intatti.”
Cosa significa “essere presenti” in scena per Raffaella Giordano
Per prima cosa c’è il corpo ci dice Giordano: “questo nostro corpo che è la casa della nostra esistenza. Io posso esistere per mezzo di lui: è materia ma allo stesso tempo è attraversato da tutto ciò che è immateriale.” A partire dalla percezione di “esserci nel corpo”, riusciamo a “semplificare, a togliere le sovrastrutture mentali, a richiamare ciò che ci tiene in vita, il respiro, l’energia della gravità che ci tiene a terra. Esserci, stare e non proiettarsi nell’astratto. L’azione prima di tutto, che poi dopo può colorarsi.” Aggiunge ancora la coreografa: “La presenza va a braccetto con il presente, con le relazioni che sono in atto e ciò ci rende un po’ vulnerabili”. Una vulnerabilità consapevole, tuttavia, e che è prova della “dedizione verso quello che si fa” da parte dell’artista, per la quale “la danza è una preghiera e una poesia”, un dono prezioso da offrire al pubblico.
Com’è nato il balletto “Tu non mi perderai mai”
Nel concepimento delle creazioni di Giordano confluiscono molte dimensioni: “Ciò in cui credo, i valori dell’esistenza; il mio vissuto e il mio divenire; e poi l’amore per la scrittura corporea e per il linguaggio. Tutte queste dimensioni s’intrecciano e, poi, io raccolgo indizi, sto attenta a quanto mi accade.” Nel caso di Tu non mi perderai mai, la coreografa racconta che allora stava “vivendo un momento di grande amore e di grande abbandono. Qui ho incontrato il Cantico dei Cantici, è venuto a me. In questo stato di perdita possibile, arriva un Amore più grande, uno stare vicini a sé stessi quando tutto ciò che è tangibile sparisce.” Ne è nato, allora, “un solo ispirato, un soffio che è arrivato da quella scrittura biblica.” Un’origine che spiega il vuoto, il molto spazio che contraddistingue questa coreografia: “un pezzo molto essenziale ma con molti segni interiori.” Il solo è costruito sulla “relazione fra infinitamente piccolo e grande”, un’indagine su spazio, tempo e durata. Giordano ha coniato per la sua creazione “una lingua pura, ho voluto togliere tutti gli effetti più sentimentali. Il mio sogno era che tutti gli astanti, attraverso il mio corpo, potessero fare una parte di quel mio viaggio.”
Il passaggio di testimone con Stefania Tansini
Per Raffaella Giordano il lavoro con la giovane Stefania Tansini è stato “un passaggio di mano in mano, una battaglia che si consegna e si dona. Un flusso, un riguardarsi, un offrire la propria esperienza.” Il tema della trasmissione, sottolinea la coreografa, si collega fatalmente con quello dell’interpretazione in rapporto alla tradizione: “la scommessa è attenersi alla scrittura preesistente ma se è vero che la tradizione ripete sé stessa, essa è però vissuta da un’altra persona e dunque non parlerà mai nello stesso modo. E il modo nuovo è già iscritto in te. È bene tener conto di ciò che non abbiamo generato noi ma di cui siamo comunque fatti. Fa parte di un percorso.” L’interpretazione di Stefania, dunque, è e allo stesso tempo non è quella di Raffaella…
Laura Bevione
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