Tra architettura e moda: Firenze dedica una mostra al movimento Archizoom

Architetto ed esponente del movimento Archizoom, Dario Bartolini ha seguito gli studenti di IED Firenze in un workshop interdisciplinare i cui risultati sono protagonisti di una mostra ospitata negli spazi dell'ex Teatro dell'Oriuolo

Non capita tutti i giorni di essere interrogati sul proprio modo di vestirsi e sul senso dell’atto stesso di indossare un abito direttamente da un “genio radicale” come Dario Bartolini. Eppure è proprio quello che è successo agli studenti di moda, design e comunicazione di IED Firenze che hanno preso parte al recente workshop multidisciplinare guidato dall’esponente del movimento Archizoom, insieme all’architetto Pino Brugellis e ai docenti dell’istituto fiorentino. Bartolini, che con Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello, Lucia Morozzi e Massimo Morozzi diede vita al “gruppo politicamente più impegnato e rivoluzionario dell’architettura radicale”, come lo ha definito Brugellis, è stato scelto per guidare un progetto sperimentale e polifonico. Gli esiti sono confluiti nella mostra visitabile all’ex Teatro dell’Oriuolo, nel centro storico di Firenze, fino al 22 maggio prossimo: si tratta del primo atto del nuovo programma Campo Aperto.

Il progetto di Dario Bartolini – Archizoom con gli studenti di IED Firenze 

Sono stati due mesi di intenso lavoro collettivo” racconta Bartolini ad Artribune, che nel corso di questo itinerario di ricerca intergenerazionale, focalizzato sulle radicalità della nostra epoca, ha progressivamente maturato un’opinione sul composito team di designer in fieri. “È stato un grande piacere stare con loro, perché insieme abbiamo ragionato: abbiamo pensato. Loro hanno portato le loro visioni, i loro problemi. I risultati sono venuti dopo e sono coerenti con la sperimentazione portata avanti” aggiunge giusto a pochi centimetri di distanza dai sette abiti dell’opera Vestirsi è facile, che nel 1973 rappresentò l’atto conclusivo della parabola di Archizoom. Al centro anche dell’omonimo video d’epoca, al quale è riservato uno spazio intimo del percorso espositivo, questo lavoro del gruppo nacque da una riflessione delle richieste della produzione industriale: il proposito era dimostrare come, attraverso tagli, pieghe e cuciture, anche basici quadrati di tessuto potessero diventare abiti pronti all’uso. Con il tempo, Vestirsi è facile è diventato una sorta di manifesto dell’“autoproduzione consapevole”, ha scritto a riguardo Brugellis, con istruzioni ready to use per dare vita al proprio guardaroba e riverberi di stampo artigianale.

IED Firenze mostra “Vestirsi è facile”. Ph ph-Cristina Andolcetti (particolare)
IED Firenze mostra “Vestirsi è facile”. Ph Cristina Andolcetti (particolare)

La mostra “Vestirsi è facile/Nuove forme radicali” all’ex Teatro dell’Oriuolo

A più di cinquant’anni dal suo debutto, Vestirsi è facile di Archizoom ha rappresentato uno dei pilastri concettuali del progetto laboratoriale organizzato da IED Firenze, fornendo una traiettoria per discutere sulla prima architettura che abitiamo: l’abito. Come possiamo estenderne il ruolo, oltre l’originaria funzione di rivestimento del corpo, e intenderlo come dispositivo espressivo, politico e sociale? “Eravamo giovani architetti con il delirio di onnipotenza: pensavamo di poter progettare tutto. Anche l’abito, che ieri come oggi non si progetta” prosegue Bartolini, ricostruendone la genesi. A partire dalla volontà di capire cosa sia radicale oggi per le generazioni emergenti, in gruppi volutamente eterogenei, gli studenti del workshop hanno quindi realizzato le opere che, in mostra, si intervallano a quelle di Archizoom: immancabile Superonda, prodotta da Poltronova nel 1967. 

Archizoom Associati - foto Dario Bartolini - archivio Dario e Lucia Bartolini
Archizoom Associati – foto Dario Bartolini – archivio Dario e Lucia Bartolini

Che cos’è radicale oggi? Rispondono gli studenti di IED Firenze

Nell’installazione Non stop waste, dichiarata reinterpretazione della celeberrima Non stop city di Archizoom del 1971, attraverso le pareti specchianti di un alto parallelepipedo, a diventare infinita è una massa di tessuti policromi: un modo per prendere di mira le infinite ricadute ambientali del fast fashion e dei consumi sfrenati. “Sono Mariasole Proto e frequento il secondo anno di Interior Design. Collaborare con Dario Bartolini è stata una scoperta costante; lo conoscevo già in precedenza, per aver studiato il suo lavoro. È stato molto interessante comunicare con lui, conoscere le sue idee: è un grande comunicatore e ha contribuito a fare la storia del design. Ed è stato anche bello ascoltare i suoi consigli durante la fase di realizzazione del progetto, i suoi punti di vista: generazioni che si incrociano e si scambiano opinioni e idee” commenta una delle partecipanti. Dello stesso tenore anche il feedback di Andrea Franconieri, prossima alla laurea in Interior Design. “È stata un’esperienza stimolante, direi anche emozionante sotto ogni punto di vista: il suo appoggio, il confronto con lui li considero un’opportunità da ricordare”. La voce di tutti i partecipanti costituisce infine il fulcro del video La mattina di cosa ti vesti?, in cui ognuno si mette a nudo rivelando quanto un gesto ovvio e quotidiano contribuisca a rivelare chi siamo (o chi speriamo di essere).

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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