I contorni della memoria. Un’altra mostra di Valerio Adami a Milano 

I contorni netti, le campiture accese, le composizioni enigmatiche. La firma inconfondibile di Valerio Adami è in mostra alla galleria Dep Art di Milano, con dipinti di grandi dimensioni, disegni e acquerelli

Alla Dep Art Gallery ritorna Valerio Adami (Bologna, 1935), una figura centrale della cultura italiana, un’artista colto e cosmopolita, apprezzato ed amato dai più grandi scrittori e filosofi della scena mondiale: sotto il titoloRipensando la realtà, a cura di Lorenzo Madaro, sono ora esposte opere realizzate tra gli Anni Settanta e gli Anni Duemila. Questa rassegna, che conta una ventina di dipinti, molti dei quali di considerevoli dimensioni, più alcuni disegni e acquarelli, ha luogo tre anni dopo la personale già dedicata dalla galleria fondata da Antonio Addamiano all’artista, con una diversa angolazione e un rinnovato campionario di opere, e corre in parallelo alla contemporanea mostra alla Fondazione Marconi focalizzata sulla precedente fase del percorso di Adami. 

La mostra di Valerio Adami a Milano 

Le sue opere includono riferimenti storici e letterari, trasformandosi in un vero e proprio archivio visivo di figure emblematiche che incarnano l’essenza della nostra memoria storica e culturale, per cui la pittura di Adami diviene uno strumento di indagine esistenziale, in cui la forma si fa veicolo di significati profondi, oltre il semplice atto della rappresentazione. Ripensare la realtà significa allora mandare in scena una realtà filtrata dal pensiero ed espressa attraverso una cifra stilistica personalissima, una realtà che, scombinata e ricomposta per frammenti significativi, per dettagli esemplari, si intreccia con i recessi della memoria e della coscienza, proiettandosi nei territori tanto del vissuto personale quanto della storia della cultura e dell’inconscio collettivo. 

Colori e contorni. Valerio Adami 

Dal punto di vista sintattico e formale ad Adami interessa soprattutto il taglio del discorso, sviluppato attraverso un segno sintetico e strutturante, che circoscrive aree cromatiche piatte e decise e che cattura i contorni essenziali di un soggetto, ovvero la quintessenza lineare che lo caratterizza e lo atteggia in un teatro di pose e di azioni, di apparizioni e di ritrosie, di intrusioni e di elusioni. La sua narrazione è un susseguirsi di metonimie, di ritagli parziali che si incastrano e si ricombinano a formare un insieme che si rilancia come uno sfrangiato discorso metaforico, un racconto sincopato che mette a frutto un’eredità intellettuale vasta e polimorfa, memore tanto delle anatomie michelangiolesche e manieriste (accanitamente e ossessivamente studiate in gioventù) quanto della scomposizione spaziale cubista, creando un percorso visivo e narrativo dal ritmo scandito, franto e incalzante. 

Le opere di Valerio Adami da Dep Art 

Anche i lavori che, fin dal titolo, hanno una connotazione più diaristica e privata, come Mon journal au bord du lac (1990), estendono l’immediatezza dell’esperienza personale a una dimensione temporale più rallentata e sedimentata, che lascia emergere dettagli architettonici e tracce di antiche civiltà. In Sturm und Drang (1979) possiamo forse cogliere un riferimento nostalgico all’atmosfera emotiva che caratterizzò i lavori giovanili di Adami, che egli stesso, in una recente intervista, definì caratterizzati da un “lato rabbioso, molto Sturm und Drang”, appunto: ora rimemorato, meditato e riassorbito in una narrazione visiva che nella sua composta fluidità rimanda solo gli echi attutiti dei giovanili “eroici furori”, ora contenuti e imbrigliati come il fulmine che si staglia come congelato sulla destra del dipinto. La firma del muro antico, Odisseo (per E. Pound) (1977) ci invita a una riflessione sulla possibilità, attraverso la cultura, di tramandare la memoria oltre i limiti del destino umano, sullo sfondo di un essere per la morte di cui il cavaliere in giallo al centro della composizione è un’esemplare incarnazione: egli regge un’asta al cui vertice svetta un’appendice che può essere sia la falce della morte che uno stendardo araldico, mentre a destra una mano traccia dei segni che forse saranno in grado di riconnettere il passato al presente, permettendoci in qualche modo di rivivere l’eternità della sua dimensione mitica. 

La memoria nelle opere di Valerio Adami 

In Mnemosine, machine à écrire et violon (1987), un imponente dipinto di tre metri di larghezza, lo spazio è bipartito in modo netto da una diagonale che attraversa tutto il quadro, al cui centro, emergente da una sorta di vesica piscis, sta la sagoma, sinteticamente delineata, della divinità che per i Greci era la personificazione della memoria, tra uno scrittore colto nel suo lavoro, qui esemplificato con i tratti di James Joyce, e, all’altra estremità, una mano nell’atto di suonare lo strumento indicato dal titolo, come se a cavallo delle due grandi campiture cromatiche aleggiassero parole e note sospese e intrecciate lungo il filo dei nostri ricordi e delle nostre emozioni. Il voluminoso catalogo che accompagna questa esposizione, con il testo italiano del curatore tradotto in inglese e in francese, ha un inedito e prezioso corredo bio-bibliografico che riproduce tutte le copertine dei libri di Adami e dei cataloghi delle sue numerosissime mostre in tutto il mondo. 
 
Alberto Mugnaini

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Alberto Mugnaini

Alberto Mugnaini, storico dell’arte e artista, si è laureato e ha conseguito il Dottorato di Ricerca all’Università di Pisa. Dal 1994 al 1999 ha vissuto a New York, dove è stato tra i fondatori del laboratorio di design “New York…

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