Fascismo resistenza libertà. Una mostra a Verona celebra gli 80 anni dalla Liberazione

Le opere d’arte sono “un corpo della storia”, quindi, come le persone, sono testimonianze di forze generative e distruttive. La Direttrice dei Musei Civici di Verona racconta ad Artribune la mostra realizzata in occasione dell'anniversario degli 80 anni dalla Liberazione del nazifascismo

La mostra per la ricorrenza degli 80 anni dalla Liberazione dal Nazifascismo, in corso nella Sala Boggian del Museo di Castelvecchio mette a fuoco un momento cruciale per l’Italia e per Verona e i suoi tanti luoghi segnati dalla guerra nel vortice del 1943-1945, il biennio della Repubblica di Salò.

Gli artisti e il fascismo

Raccontare quel complesso periodo e il suo significato ha richiesto di considerare un più ampio inquadramento storico, partendo dalla stagione del consenso fascista negli Anni Trenta, per concludere con l’affermazione della democrazia e la stagione della ricostruzione. L’esposizione conduce quindi dentro la ‘grande storia’ facendo rivivere momenti fondamentali per l’Italia per poi addentrarsi nelle vicende che hanno coinvolto Verona. La linea della storia politica e sociale della città condizionata dal regime di Mussolini è centrale nell’ordinamento degli argomenti trattati. Ma non è l’unica. Nel percorso espositivo viene a intersecarsi, da un lato, con il ricordo per frammenti dell’evoluzione delle arti in tempo di guerra e di pace; dall’altro, con le traversie, finora quasi sconosciute ai più, del patrimonio artistico coinvolto nel precipizio degli eventi. Ne emerge una vicenda densa e drammatica in cui i diversi protagonisti si incontrano, si incrociano, si combattono in uno scontro feroce e risolutivo. Ma è anche una stagione piena di speranze e di vite coraggiose, di uomini e donne che hanno saputo immaginare il futuro nel momento più buio.

Verona nella Repubblica di Salò

Perché Verona? Durante la Repubblica sociale la città veneta è un crocevia importante: sede di ministeri, luogo in cui prende forma il manifesto ideologico del nuovo fascismo repubblicano e di quel processo con cui si consuma la resa dei conti interna al movimento, nodo ferroviario cruciale per il funzionamento della macchina dello sterminio ideata dal nazismo, luogo di detenzione di antifascisti, teatro, infine, di importanti imprese della Resistenza.
Perché il Museo di Castelvecchio? Il museo fu prima violato dalle liturgie del rinascente fascismo, tanto da ospitare il Congresso di Verona (14 novembre 1943) e, poco dopo, il processo ai gerarchi firmatari dell’ordine del giorno Grandi (8-10 e 11 gennaio 1944); fu violato successivamente dalle bombe che il 4 gennaio 1945 distrussero in particolare il Salone dei Concerti (oggi Sala Boggian); infine, ritornata la pace, fu restaurato e riaperto al pubblico.
Al cuore di questo lavoro sulla memoria si colloca proprio Castelvecchio, con lo spazio rinato della Sala Boggian assunto quale fulcro degli eventi narrati e luogo simbolo di quella tragica stagione e delle responsabilità e del coraggio di coloro che l’hanno vissuta. Il dramma che ha colpito numerosi musei italiani ed europei nella seconda guerra è più che mai avvertito in una stagione minacciata da nuovi conflitti come la nostra; oggi come ieri è importante farlo conoscere per trasmettere un messaggio di coesione e di fiducia nel futuro.

L’arte nella Seconda Guerra Mondiale

La presenza delle opere d’arte nella mostra – di autori come Tiepolo, Turchi, Rubens, Casarini, De Chirico, Martini, Mafai, Birolli – ricorda le vicende delle arti in guerra, sia nella dimensione creativa che in quella della tutela. Le opere d’arte sono “un corpo della storia”, quindi, come le persone, sono testimonianze di forze generative e distruttive.
Va ricordato che dal 1940, a Verona come in altre città italiane, seguendo disposizioni centralizzate le soprintendenze affidarono alla Direzione dei Musei il compito di proteggere non solo il patrimonio artistico delle collezioni cittadine, ma anche di chiese e collezioni private. La collaborazione febbrile tra funzionari ministeriali e museali ebbe un ruolo fondamentale nell’organizzazione dei ricoveri e nelle attività di recupero.

Fascismo resistenza e libertà, installation view at Museo di Castelvecchio, Verona, 2025
Fascismo resistenza e libertà, installation view at Museo di Castelvecchio, Verona, 2025

La mostra al Museo di Castelvecchio

La mostra, prodotta dalla Direzione Musei del Comune di Verona con la collaborazione dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. Curata da Andrea Martini, Federico Melotto, Marta Nezzo e Francesca Rossi – due storici e due storiche dell’arte – con il supporto di un comitato scientifico internazionale, racconta una storia che muove profonde emozioni. Abbiamo quindi cercato di rappresentarla con ogni cura nello spazio espositivo, sperimentando soluzioni all’avanguardia in campo museografico. Nell’allestimento curato da Cristina Lonardi, architetto in forze ai Musei Civici, Sala Boggian è animata, grazie all’innovativo progetto di Culturanuova di Massimo Chimenti, da un percorso semi-immersivo che combina strumenti digitali (videoproiezioni, musica, ologrammi con narratori allo specchio, touch-screen) e oggetti originali, tra cui documenti, fotografie, filmati d’epoca, opere d’arte.
L’esposizione veronese, accompagnata da un catalogo edito da Electa che raccoglie i contributi di 18 autori e un ricco apparato di immagini, propone un’occasione unica di confronto con il nostro passato difficile e stratificato. La storia ci attraversa e immagini e parole ne restituiscono le vicende, fino all’alba della libertà.

Francesca Rossi

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Francesca Rossi

Francesca Rossi

Storica dell’arte e museologa con alle spalle una carriera sportiva e agonistica come canoista fluviale e mountain biker, Francesca Rossi è stata curatrice e conservatrice del Museo di Castelvecchio e dei Musei d’Arte del Comune di Verona e poi responsabile…

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