Beni culturali: valore identitario e diritto all’immagine

Francesca La Rocca Sena, partner dello studio Sena & Partners approfondisce la questione del diritto all’immagine dei beni culturali, legata al valore simbolico e identitario che rappresentano, non solo tramite la loro fisicità ma anche attraverso la loro rappresentazione che, per questo, necessita di essere adeguatamente tutelata

Comprendere il significato giuridico di “bene culturale” è il primo passo per affrontare correttamente le questioni legate al suo uso e riproduzione. Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. Lgs. 42/2004) definisce tali beni come quegli oggetti, mobili o immobili, che rivestono un interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico o bibliografico. Tuttavia, non basta che un bene abbia un valore culturale intrinseco: è necessaria una verifica formale da parte degli organi competenti del Ministero della Cultura per attribuirgli ufficialmente tale qualifica.

Beni culturali: la distinzione tra pubblici e privati

Particolarmente rilevante è la distinzione tra beni culturali pubblici e privati. I beni di proprietà statale o di enti senza fini di lucro sono sottoposti a tutela in via presuntiva, qualora siano opere di autori non più viventi e realizzate da oltre settant’anni. In questi casi, anche in assenza di una dichiarazione formale, il bene è cautelarmente protetto fino a verifica contraria. Diversamente, per i beni privati è necessaria una specifica dichiarazione dell’interesse culturale, su iniziativa della Soprintendenza competente.

L’uso e la rappresentazione: al centro del dibattito sui beni culturali

Il vero cuore del dibattito, tuttavia, riguarda il modo in cui questi beni possono essere utilizzati e rappresentati visivamente. Gli articoli 106, 107 e 108 del Codice regolano rispettivamente la concessione d’uso, la riproduzione e i relativi corrispettivi economici. L’uso delle immagini dei beni culturali è dunque ammesso, ma condizionato all’ottenimento di un’autorizzazione al fine di garantire il rispetto della loro natura e funzione. Non si tratta semplicemente di autorizzazioni burocratiche, ma dell’attuazione concreta del principio costituzionale sancito dall’art. 9, che riconosce nella tutela e promozione della cultura e del patrimonio storico-artistico un valore fondante della Repubblica.
A questo quadro normativo si collega una questione particolarmente delicata: il diritto all’immagine del bene culturale. Sebbene questo diritto sia storicamente legato alla persona per espressa previsione dell’art 10 del Codice Civile, la giurisprudenza ha progressivamente esteso la sua applicabilità anche a beni dotati di forte carica simbolica. La Corte di Cassazione, già nel 2009, ha riconosciuto che l’immagine di un bene può assumere una rilevanza tale da meritare una tutela autonoma. Questo orientamento è stato, poi, ribadito in riferimento specifico ai beni culturali, in quanto simboli dell’identità collettiva e componenti del patrimonio della memoria nazionale.

Riproduzione dei beni culturali: diritto all’immagine o proprietà intellettuale?

Nonostante ciò, non mancano le critiche. Una parte della dottrina ha visto nel riconoscimento del diritto all’immaginedei beni culturali una forma mascherata di nuova forma di proprietà intellettuale, in contrasto con i principi del pubblico dominio. Tuttavia, la giurisprudenza ha risposto chiaramente: la tutela dei beni culturali non si sovrappone al diritto d’autore, ma ne è distinta per finalità e contenuto. Se il diritto d’autore protegge la creatività, la disciplina dei beni culturali mira a conservare e valorizzare un’eredità collettiva, in attuazione diretta dei valori costituzionali.
Il dibattito si arricchisce ulteriormente quando si affronta la questione della riproduzione dei beni esposti in luoghi pubblici. Alcuni ritengono che, essendo visibili a chiunque, tali beni dovrebbero poter essere riprodotti liberamente, anche a fini commerciali. Si richiama in tal senso il principio della “libertà di panorama”, diffuso in altri ordinamenti. Tuttavia, l’Italia non prevede un simile istituto giuridico, e il Codice dei Beni Culturali non contempla eccezioni per i beni visibili pubblicamente. Le pronunce dei tribunali, come quella del Tribunale di Palermo sul Teatro Massimo, confermano che anche in questi casi l’uso non autorizzato dell’immagine è considerato illecito.
Un altro nodo interpretativo è legato alla definizione stessa di “riproduzione”. La giurisprudenza ha adottato una lettura ampia del termine, includendo non solo la copia fisica di un bene, ma anche ogni forma di fissazione della sua immagine su un supporto artificiale, in qualsiasi contesto.

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Diego Velázquez, Immacolata Concezione, 1618 – 1619, Olio su tela 135 x 101,6 cm © The National Gallery, London (dettaglio)

 Il caso del dipinto di Velázquez nel marchio di un prodotto

Emblematico è infine il caso giudiziario riguardante l’uso dell’immagine del dipinto di Velázquez raffigurante Francesco I d’Este, inserita nel marchio di un aceto balsamico; si tratta, infatti, del primo caso di uso dell’immagine di un bene culturale in un marchio, di cui si siano occupati giudici italiani. Sebbene l’azienda avesse ottenuto una concessione nel 1985, non aveva mai versato il canone previsto, sostenendo di aver contribuito economicamente al restauro dell’opera. La Corte d’Appello di Bologna, nel 2024, ha riconosciuto il danno patrimoniale, ritenendo che il contributo fosse una liberalità e non una sostituzione del canone, ma concluso che l’uso dell’immagine, in quanto approvato, doveva ritenersi coerente con la destinazione culturale del bene.

I beni culturali un valoro simbolico da tutelare anche attraverso il diritto alle immagini

Nel complesso, ciò che emerge con forza è il valore simbolico che i beni culturali rivestono per la collettività. La loro immagine, così come delineato dalla giurisprudenza, non può essere trattata come una mera rappresentazione estetica o commerciale, ma come un’espressione dell’identità storica e culturale della nazione. Il diritto all’immagine del bene culturale si configurerebbe come uno strumento giuridico a tutela di questo valore, volto a garantire che la rappresentazione del nostro patrimonio avvenga nel rispetto della sua dignità e funzione sociale.

Francesca La Rocca Sena

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