Paranoie corporali: dopo le censure al Leopold Museum deve intervenire la polizia, a New Dehli, per placare i manifestanti che si oppongono ad una mostra sul nudo. E in India la protesta si allarga a macchia d’olio
Tremate, tremate: i braghettoni son tornati! Indossano il sari e vagheggiano censure in nome di un preteso risarcimento alla morale offesa e a una figura femminile vilipesa e ferita. Prima il can-can che ha scosso di pruriti l’asburgica aplomb viennese, con l’inopinato bandino rosso a vestire le pudende dei calciatori che lanciavano, su manifesti e […]
Tremate, tremate: i braghettoni son tornati! Indossano il sari e vagheggiano censure in nome di un preteso risarcimento alla morale offesa e a una figura femminile vilipesa e ferita. Prima il can-can che ha scosso di pruriti l’asburgica aplomb viennese, con l’inopinato bandino rosso a vestire le pudende dei calciatori che lanciavano, su manifesti e inserzioni, l’indagine in merito a duecento anni di nudo virile in mostra al Leopold Museum. Ora le vibranti proteste di piazza a New Dehli, dove è necessario l’intervento della polizia per ricondurre a più miti consigli i manifestanti che si sono dati appuntamento davanti alla Dehli Art Gallery. Oggetto del contendere la collettiva The Naked and the Nude, che infila una dietro l’altra tele di riconosciuti e premiati storici maestri dell’arte indiana: tutti inavvertitamente sedotti dalla bellezza femminile. Saremo anche nel paese del Kamasutra, ma di esplicito in mostra c’è davvero poco: passiamo dall’espressionismo naif di Francis Newton Souza al realismo ottocentesco di Raja Ravi Varma, finendo nei cubismi di Husain, il cosiddetto “Picasso d’India”. Niente di lontanamente paragonabile, insomma, alle secrezioni di Nan Goldin o ai lascivi turgori di Robert Mapplethorpe; tanto per pescare dal mazzo dell’arte occidentale due esempi facili facili: quanto basta, però, per attivare Durga Vahini, frangia rosa del temibile Vishwa Hindu Parishad. Muscolare gruppo nazionalista indù, sponsor di battaglie per riattizzare l’orgoglio nazionale in nome del più sano e morigerato o tempora o mores.
Le suffragette al contrario picchettano l’ingresso alla galleria, chiedono con forza l’annullamento dell’esposizione, strillano e spintonano; c’è bisogno delle forze dell’ordine, lunedì 4 febbraio, per riportare una situazione incandescente nei canoni del buon senso. Ma la protesta continua. E si spande a macchia d’olio. Scatta in India il dagli all’untore, e da New Dehli le amazzoni della censura si spostano pure a Bangalore, dove ottengono una prima vittoria: a farne le spese è il povero Anirudh Sainath Krishnamani, artista poco più che ventenne che vede funestata la sua personale alla CKP Gallery. Quei tre nudi non vanno giù alla stretta morale indù: la galleria cede e ne dispone la rimozione. La battaglia iconoclasta è appena all’inizio: e mentre il Leopold attende il prossimo 18 febbraio l’invasione dei nudisti – ingresso gratis, per loro, alla mostra della discordia – non sono escluse bigotte inconsapevoli contromosse sul fronte orientale.
– Francesco Sala
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