S’ode a destra uno squillo di tromba. Anche il partito di Storace presenta il suo Manifesto per la Cultura: basta tagli, sì alla defiscalizzazione, e spazio ai privati
Vincere le elezioni, in coalizione con il PDL, già sarà impresa ardua: e ancor di più lo sarà raggiungere percentuali ragguardevoli, stante la frammentazione partitica con la quale l’area si presenta alle ormai vicinissime elezioni politiche. Eppure La Destra, il partito nato da ex elementi di AN, dopo la rottura con Gianfranco Fini, e aggregatosi attorno […]
Vincere le elezioni, in coalizione con il PDL, già sarà impresa ardua: e ancor di più lo sarà raggiungere percentuali ragguardevoli, stante la frammentazione partitica con la quale l’area si presenta alle ormai vicinissime elezioni politiche. Eppure La Destra, il partito nato da ex elementi di AN, dopo la rottura con Gianfranco Fini, e aggregatosi attorno alla figura di Francesco Storace, ci arriva presentando un proprio dettagliato Manifesto per la Cultura, in questo sorpassando formazioni ben più ambiziose, che ignorano le tematiche culturali o riservano loro proclami speciosi o astratti.
E invece il documento partorito dalla Consulta per la Cultura – presieduta dal vicesegretario Nazionale de La Destra Nello Musumeci – si concentra su alcuni punti ben individuati ed in linea con l’orientamento politico del partito: “Guardare al contemporaneo e alle identità locali per rilanciare la cultura italiana”, sintetizza il sottotitolo. L’assunto è distanziarsi dalle politiche di questi ultimi anni che hanno progressivamente relegato la questione culturale agli ultimi posti delle graduatorie nelle agende di governo, e quindi una decisa critica alla politica di tagli, devastanti nel campo della cultura, “di cui il governo Monti è stato massima espressione”. Al contrario, l’intendimento è quello di potenziare gli investimenti nel settore della cultura, del turismo e della formazione, “scommettendo sul potenziale che rende l’Italia unica al mondo: le specificità dei territori (agricoltura, enogastronomia, tradizioni artigianali, etniche e religiose), le bellezze monumentali e artistiche, la magnificenza del paesaggio”. Ed alquanto identitaria è la critica “all’importazione di modelli esteri, emulati a discapito di una originalità nazionale”. Il cuore del Manifesto, che arriva a colmare una grande lacuna fin qui registrata nello schieramento di centro-destra, resta comunque quella del peso, della cura e della tutela da riservare all’identità creativa e artistica italiana: insistendo sulla relazione necessaria tra passato, presente e futuro, tra sviluppo del contemporaneo e preservazione dell’identità storica, geografica e culturale, il documento identifica nel “made in Italy” una voce strategica su cui puntare, per restituire dignità, forza, autonomia e competitività internaizonale alla cultura nazionale. Il tutto “in vista di una politica che sia edificata, finalmente, sull’idea di sviluppo e non di sola austerity”. Ed ecco una sfilza di domande sul tema: quanto lo Stato supporta gli artisti italiani sul territorio italiano e oltreconfine? E quanto sostiene, con adeguate politiche fiscali, il settore privato (piccole imprese creative, gallerie, collezionisti, mecenati)? Quanto la creatività e la ricerca artistica italiana sono oggi riconoscibili, identificabili e mature, tanto da poter rivendicare un ruolo forte sulla scena internazionale? Che cosa stiamo producendo?
Quindi, si passa ad un’ampia e chiara enunciazione di punti nodali sui quali concentrarsi. Impossibile riferirli tutti: si va dalle politiche di defiscalizzazione per privati e aziende al sostegno alle nuove imprese creative e alle imprese giovanili in fase di start up, alla rimodulazione dell’IVA per prodotti culturali, al rilancio e sostegno del Made in Italy. Non mancano riferimenti all’importanza del turismo culturale, e al coinvolgimento dei privati nella gestione degli spazi culturali: un tema spinoso per altri partiti, come testimoniato dalla “dipartita” dalla scena di Mario Resca…
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