Montpellier. Fra pietre vive e licei
Un altro Paradiso dell’architettura è sorto in pochi anni. La nuova Montpellier voluta dalle amministrazioni pubbliche è viva, contemporanea e costruisce, pezzo dopo pezzo, il suo futuro. Anche perché la demografia incalza, e di tempo per guardarsi indietro non ce n’è.
Il 2012 è stato l’anno di Montpellier. L’ottava città francese ha operato una scelta ben precisa: puntare sull’architettura contemporanea, sfruttando i nuovi strumenti urbanistici per elevare il proprio status agli occhi del mondo. Una scelta che ha portato i suoi frutti, visto che il New York Times l’ha inserita nella lista dei 45 migliori luoghi da visitare nel 2012. E tutto ciò grazie soprattutto alle recenti architetture realizzate: la City Hall e l’RBC Design Center, il Pierresvives e il Liceo Georges-Frêche su tutte.
Ma come si è arrivati a tutto questo? A fare da primo incentivo è stato l’inaspettato aumento demografico che la città ha subito negli ultimi anni, con previsioni di continui incrementi in futuro. Da qui l’esigenza, da parte del Comune, di attivare strategie di urbanizzazione e nuova espansione. Strumenti come il POS – Piano di Occupazione dei Suoli e gli ZAC – Zone di Pianificazione Concertata hanno fatto il resto, regolando e legittimando uno sviluppo controllato e di qualità.
Ma al di là dell’ovvio connazionale Jean Nouvel, a essere stati attirati verso la città sono due studi del firmamento architettonico mondiale: Zaha Hadid e Massimiliano e Doriana Fuksas. Le loro due opere progettate a Montpellier sono interessanti anche sotto l’aspetto urbanistico, perché ambiscono a diventare un motore di rinnovamento per i quartieri in cui sono nate.
Il Pierresvives, inaugurato a settembre e realizzato nel decennio 2002-2012, è un edificio di 35.000 mq dove si concentrano tre istituzioni pubbliche – l’archivio, la libreria multimediale e il dipartimento per lo sport – ed è costato alle tasche dei francesi 125 milioni di euro. Su iniziativa dell’Hérault – dipartimento di cui Montpellier è capoluogo – nel 2002 viene lanciato il concorso, poi vinto dall’anglo-irachena, con l’idea di dare un impulso vitale al quartiere in divenire. Un grande blocco di cemento, acciaio e vetro dove gli elementi architettonici si rincorrono, si compenetrano, intersecandosi, fondendosi e amalgamandosi, talvolta scontrandosi e piegandosi l’uno dentro l’altro.
“Non penso che le città debbano essere come Venezia, senza cambiamenti ed evoluzioni. È importante introdurre edifici contemporanei, a patto che il tutto sia ben progettato. ‘Pierresvives’, in questo senso, si integra perfettamente al contesto urbano esistente”, spiega Zaha Hadid. L’intenzione è creare un distretto d’eccellenza che negli anni a venire animi la parte nord-ovest della città. In linea con l’ispirazione letteraria che ha dato il nome all’edificio, Pierresvives è infatti l’unione di due termini francesi che significano ‘pietre vive’, dalla celebre frase dello scrittore rinascimentale François Rabelais: “Io costruisco solo pietre vive”.
Il Liceo alberghiero Georges-Frêche, nella zona est di Montpellier, è l’emblema di come andrebbero concepite le scuole del futuro. Non più edifici singoli e monofunzione, ma veri e propri campus della formazione dove trovano spazio funzioni complementari, come il ricettivo e il commerciale ad esempio. Nel progetto di Massimiliano e Doriana Fuksas, risultato vincitore del concorso lanciato dalla Région Languedoc-Roussillon nel 2007, sono riuniti nello stesso complesso il liceo da 1.000 posti, lo studentato, gli alloggi per insegnanti, la palestra e i campi sportivi. E, aperti al pubblico, anche un albergo da 12 camere e 3 ristoranti, uno gastronomico, una brasserie e uno per la formazione degli studenti, per un totale di 200 coperti.
Il tutto è rivestito da una facciata composta da oltre 17mila triangoli – in maggioranza d’alluminio, altri in vetro – a definire la singolare geometria delle finestre, ognuna diversa dall’altra, che movimentano l’immagine scultorea complessiva. Un esterno compatto e introverso e un interno vario e diversificato, dove l’acciaio cede il passo alle tinte fluo. Tanti gli ambienti che si alternano, ognuno trattato in maniera autonoma secondo la propria funzione, senza ricercare quell’unità stilistica che, invece, è fortemente voluta per l’immagine esterna dell’edificio, forte e possente nel confronto con la città.
Zaira Magliozzi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #10
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