Il NY Times stronca il Padiglione Italia. E Saltz si vergogna di essere americano. Primi spunti dalla rassegna stampa internazionale
Jerry Saltz Lo faremo con maggiore sistematicità nei prossimi giorni, ma abbiamo già iniziato a dare un’occhiata alla rassegna stampa internazionale, cominciando da Inghilterra e Stati Uniti. Cosa scrivono della Biennale di Venezia gli stranieri? Per cominciare, potete leggere questo articolo di Roberta Smith sul New York Times, che dopo aver sottolineato la portata gigantica […]
Lo faremo con maggiore sistematicità nei prossimi giorni, ma abbiamo già iniziato a dare un’occhiata alla rassegna stampa internazionale, cominciando da Inghilterra e Stati Uniti. Cosa scrivono della Biennale di Venezia gli stranieri?
Per cominciare, potete leggere questo articolo di Roberta Smith sul New York Times, che dopo aver sottolineato la portata gigantica e ormai ingestibile dell’evento lagunare (“the enormity of the beast”, recita il titolo del pezzo), non manca di soffermarsi sul Padiglione Italia di Vittorio Sgarbi, descritto come “un nuovo minimo storico della Biennale”. E prosegue: “la mostra dovrebbe essere uno scandalo nazionale, se l’Italia non ne avesse già troppi”.
È invece un doloroso e azzeccato atto di autocoscienza quello che fa Jerry Saltz sul NY Mag, recensendo il Padiglione Statunitense di Allora & Calzadilla. In particolare, il critico americano punta i riflettori sulla scultura/installazione che campeggia di fronte al padiglione: il carro armato rovesciato con sopra un atleta impegnato a correre su un tapis roulant. Scrive Saltz: “Allora e Calzadilla hanno trovato un modo per rappresentare la visione terrorizzante che il mondo ha dell’America […] Credo che quest’opera esprima anche il senso di vergogna che a volte si prova ad essere americani.”
Imperdibile il resoconto video di Adrian Searle per il Guardian. Il giornalista britannico, con il consueto tono ironico, racconta non solo le opere, ma anche le gioie e i dolori di chi visita la Biennale nei giorni convulsi dell’opening: scarpinate, code interminabili e cibi costosi. Tra l’altro, il filmato è prezioso anche perché mostra alcune immagini dei padiglioni meno visti perché troppo affollati. Rimanendo in terra d’Albione, vale la pena di leggere anche il Telegraph, sulle cui pagine Alastair Sooke racconta la sua prima volta alla Biennale e si sofferma sulle domande must di ogni conversazione biennalesca: “Cosa hai visto?” e “Dove andrai stasera?”…
– Valentina Tanni
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