![Meditazioni tridentine](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/03/BOX-1.jpg)
Il cultore d’arte e di storia ha molti motivi per recarsi a Trento: dal Castello del Buonconsiglio – con i suoi meravigliosi affreschi e la vivace attività espositiva che da anni lo contraddistingue – al Museo Diocesano, dove fino ad aprile è aperta la piccola e raffinatissima mostra sulla committenza del principe vescovo Federico Vanga (1207-1218). Il visitatore non dovrebbe tuttavia tralasciare gli edifici sacri, e in particolare la cattedrale di San Vigilio e la chiesa di Santa Maria Maggiore: non solo per la loro bellezza, ma perché questi sono i luoghi in cui si consumò una delle pagine più tragiche della nostra storia.
Qui si svolse infatti il Concilio di Trento (1545-1563): nato per fronteggiare la minaccia della Riforma, il concilio volse invece le spalle alle Alpi e, sgranchendosi i pugni, decise di regolare un po’ di conti. L’avversario cui dare una lezione era il Rinascimento, inaudito e inaccettabile per troppi motivi (l’esaltazione dell’uomo, la libertà intellettuale, l’edonismo). Bisognava porre fine a tutto questo, rimuoverlo dalle coscienze e impedire che potesse accadere di nuovo: a tale scopo la Chiesa si strutturò come un gigantesco organismo di controllo e repressione. Ma l’edificio tridentino iniziò presto a scricchiolare: scienziati e pensatori rispolverarono lo spirito d’indagine dell’Umanesimo, pagando chi col fuoco, chi con l’abiura; uno scalmanato pittore milanese tornò a porre l’uomo al centro, ma questa volta lo prese dalla strada. E una delle più pericolose affermazioni di indipendenza arrivò proprio, ironia della sorte, da una “istoria” del concilio, quella del frate veneziano Paolo Sarpi.
![Federico Vanga](http://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/03/Federico-Vanga-a-bishop-his-cathedral-his-treasures_graph_popup-480x540.png)
Federico Vanga
Insomma, chi visita Trento si lasci pure sedurre dai capolavori artistici e dai tesori della gastronomia locale, ma colga al contempo l’opportunità per meditare su un ventennio che condizionò fortemente i secoli successivi e sul quale è fondamentale riflettere, per capire come siamo arrivati al punto in cui siamo. A noi ci fregano sempre i ventennii, chissà come mai.
Fabrizio Federici
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #11
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