Sei punti di vista sul sistema design. Parte 1
Abbiamo dato spazio a sei professionisti che, a diverso titolo, operano in quella grande arena che è il mercato del design. Uno scambio indiretto di esperienze da parte di chi conosce bene il dietro le quinte del Salone del Mobile, ma anche un termometro per valutare quanto i meccanismi di produzione siano rivelatori di temi, apparentemente poco nobili, che hanno un’influenza centrale sull’efficacia del progetto. Qui trovate le prime tre interviste.
I DESIGNER
LUCIDIPEVERE
titolari dello Studio LucidiPevere
Salone del Mobile: quanto è importante esserci?
Molto! Il Salone di Milano riunisce il maggior numero di aziende di design provenienti da tutto il mondo. È un’occasione importante per il confronto, con le aziende innanzitutto, poiché è il luogo dove si tirano le somme di un anno o più di lavoro.
Fiera o Fuorisalone?
Fiera, perché è orientata alla concretezza. Si espone per vendere, non necessariamente per stupire. È qui che i possibili acquirenti si interessano o meno a un prodotto, lo provano, lo valutano in tutti i suoi aspetti: da quello estetico, sicuramente importante, a quello commerciale, che in questi anni difficili è imprescindibile. I designer non possono più disinteressarsene né considerarlo “accessorio”.
Quanto tempo prima parte la preparazione di un oggetto per il Salone?
Dipende dal tipo di azienda, dal tipo di designer, dal tipo di prodotto. Il nostro approccio alla progettazione è solitamente sperimentale, lavoriamo molto con i materiali e con le tecnologie. Per questo i tempi sono abbastanza lunghi. A volte invece lavoriamo sul concetto di archetipo, e in questi casi i tempi sono più brevi, perché tutto il progetto è frutto di un’idea. Non scendiamo mai sotto l’anno di lavoro.
Un ricordo della vostra prima esperienza al Salone.
Pevere: Ero uno studente universitario e non avevo mai visto così tanti prodotti e aziende tutti insieme. Mi sono domandato quante possibilità avessi realmente di diventare un designer.
Lucidi: Ricordi confusi. Ero piccolo e ci andavo già con mio padre; poi da studente. Quando l’ho visitato per la prima volta da solo, sapevo già il mestiere che volevo fare da grande.
Quale design week estera fa concorrenza a Milano?
Nessuna per importanza e dimensione. Ce ne sono alcune, però, che hanno un grande fascino: quella di Vienna, che coinvolge nel centro storico i negozi, le botteghe e i laboratori artistici più prestigiosi; oppure Kortrijk, in Belgio.
Salone da visitatori: quale bagaglio si porta a casa?
Si colgono le nuove tendenze. E si può scommettere su quali pezzi segneranno la storia del design, perché il Salone è un termometro attendibile e reale della nostra piccola grande industria del mobile.
Valia Barriello
LA SCUOLA
STEFANO MARIA BETTEGA
direttore dell’ISIA di Firenze
Partecipare al Salone/Fuorisalone è imprescindibile per una scuola di design?
Si tratta di un importante momento di confronto e scambio, che tuttavia non deve essere identificato con la disciplina in sé. Il rischio è infatti di pensare che il design sia tutto lì, cosa che ovviamente non è vera.
I bilanci di un istituto pubblico qual è l’ISIA permettono di investire in una presenza al Salone del Mobile?
Le nostre economie sono molto contratte e a malapena riusciamo a tamponare l’ordinario. Fosse davvero soltanto il problema di prevedere a bilancio la presenza al Salone saremmo dei signori. La nostra presenza a Milano è resa possibile dall’impegno di Mirko Tattarini, il docente che ha curato la partecipazione di ISIA, e dalla buona volontà degli studenti, i quali spesso anticipano di tasca propria alcune delle spese.
Il confronto con gli esiti della ricerca portata avanti dalle altre scuole, italiane e straniere, presenti al Salone mette in discussione la didattica e i presupposti espositivi?
Il nostro impianto disciplinare è piuttosto consolidato e si presta alle flessibilità grazie alla capacità dei docenti di reinterpretare le declaratorie di settore in funzione dell’evoluzione della disciplina, che è intimamente legata alla contemporaneità. Certo, lo stimolo rappresentato dalla settimana milanese incide sul modo di percepire la disciplina e la sua evoluzione. Credo che in questo senso abbia molta più rilevanza il SaloneSatellite.
Quali sono le lezioni da trarre da una visita alla Milano Design Week?
Ai miei studenti direi di avvicinarsi alla manifestazione con uno sguardo critico e di inquadrarla per ciò che è: un importante evento che rappresenta una delle possibili facce del design.
LA PR
SILVIA RIZZI
titolare della Silvia Rizzi Comunicazione
Con quanto anticipo si prepara una partecipazione al Salone?
Già da fine dicembre le nostre aziende ci ufficializzano i progetti e incominciano a coinvolgerci nella programmazione delle attività di comunicazione riguardo al lancio di nuovi prodotti, aperture di showroom, inaugurazione di mostre. Tali attività, ovviamente, fanno parte di una programmazione da parte delle imprese che ha avuto avvio almeno un paio d’anni prima.
La crisi sta modificando le modalità con cui si fanno relazioni pubbliche?
La crisi sta modificando non solo le modalità con cui si fanno relazioni pubbliche in occasione della design week, ma mette in discussione il nostro ruolo e il senso delle fiere in assoluto. Il nostro motto: bando allo sfarzo e agli inutili orpelli, all’insegna di un pragmatismo che deve attraversare tutte le attività legate agli eventi e alle fiere!
Al Salone bisogna esserci: come cambia la maniera di fare comunicazione in un momento in cui tutti cercano visibilità?
I comunicatori devono convincere le aziende della necessità di proporre contenuti di grande qualità anche in un momento in cui molte imprese si fanno affiancare da starlette, divi della tv e della musica. Purtroppo molti dei nostri media, soprattutto i quotidiani, hanno dedicato molto spazio a queste collaborazioni, a scapito di realtà che invece investono in ricerca e innovazione.
Tra le fiere e le design week all’estero, ce n’è una a tuo parere che potrebbe soppiantare Milano?
Ma le fiere, così come sono oggi concepite, hanno ancora senso di esistere? Quartieri fieristici vetusti, difficili da raggiungere e per nulla accoglienti; visitatori stanchi e annoiati e sempre uguali… Ha ancora senso parlare di vendita degli spazi al mq o forse le fiere dovrebbero concorrere al conseguimento del risultato insieme agli espositori? Ha senso che le aziende debbano correre per proporre novità anche una o due volte l’anno e non riuscire poi ad andare sul mercato coi prodotti prima di un anno o due, visto che le proposte presentate in corsa non sono risolte?
www.silviarizzicomunicazione.com
a cura di Giulia Zappa
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #12 – Supplemento Design 2013
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati