Ça bouge, si dice in francese, un’espressione che potrebbe essere tradotta con “ci si muove”, “ci si agita”, “si balla” ma anche nel senso del cambiamento, detto di qualcosa che “si modifica”. E in effetti alla Villette ça bouge beaucoup negli ultimi tempi. A partire dallo scorso martedì la Villette, il parco progettato da Bernard Tschumi nel 1979, si anima di una serie di eventi e performance nell’ambito della terza edizione del festival Hautes Tensions. Si tratta del primo festival nazionale di forme emergenti del circo e della danza hip hop.
Fedele alla sua vocazione di laboratorio e incubatore delle molteplici forme d’arte urbana, la Villette, il più grande parco culturale della capitale francese, ospita quello che, lungi dall’essere una semplice vetrina, è il frutto di un lavoro di collaborazione condotto durante tutto lo scorso anno al fianco degli artisti. 17 compagnie e una moltitudine di percorsi disparati, ma un bisogno comune: sfidare i limiti del corpo. Spingere le possibilità del movimento al di là della fisica. La sfida. La virtuosità. L’oltre. L’ultra. Tutto questo è Haute Tensions.
Si passa in rassegna il circo, la sua poetica e il suo lato onirico grazie alla compagnia Pré-O-Coupé che con Nikolaus produce lo spettacolo Tout est bien! L’acrobazia, il canto, l’equilibrio, il trapezio e il clown: tutti gli ingredienti sono riuniti per una versione contemporanea di un freak show alla Barnum. La danza, soprattutto quella urbana, è all’onore: hip hop, breakdance, capoeira, danza contemporanea se non addirittura classica. C’è da farsi una cultura: new school e new style (sarà la stessa disciplina?), krump, popping, locking, house, waacking. E molteplici le influenze: dalla danza africana alle arti marziali, dal combat alla salsa al jazz rock. Non poteva mancare la magia: la compagnia Le Phalène si interroga sull’arte della diversione dell’attenzione e del controllo dei processi di percezione del reale. L’arte dei giocolieri trova una declinazione originale con la compagnia Les Objets Volants e con il loro siteswap, ovvero come declinare delle partizioni a base di sequenze di cifre che descrivono la ritmica particolare di ogni lancio e che permettono di dedurre delle figure inedite. Il tutto su fondo di musica elettrorganica. Vedere per credere.
Il festival chiuderà le danze con un evento spettacolare: il primo campionato di Francia di Yamakasi, meglio conosciuto sotto il nome di “parkour” o anche “free running”. Lo Yamakasi, reso celebre dall’omonimo film di Luc Besson del 2001, nasce con il nome di “art du deplacement”, ovvero l’arte dello spostamento. La disciplina è fondata negli Anni Ottanta in Francia da un gruppo di nove ragazzi che si autodefiniscono “Gli Yamakasi”. La parola yamakasi deriva dalla lingua bantu lingala, parlata in Congo. Ya makási significa “corpo forte”, “spirito forte”, “persona forte”. Nato all’origine nelle banlieues di Parigi, il parkour sembra democratizzarsi e acquisire uno status ufficiale. Ne sia la prova il fatto che domenica 28 aprile ogni comune mortale, clochard o bobo che sia, potrà assistere alle evoluzioni freestyle di questi acrobati di strada che si appropriano delle architetture urbane scalando le facciate, saltando da una ringhiera a un parapetto, danzando con l’acciaio e con l’asfalto. Xtreme Gravity, nato da un’idea di RStyle (associazione dedita allo sviluppo delle culture urbane) e di Malik Diouf (co-fondatore dell’arte dello spostamento e degli Yamakasi), si propone come luogo d’incontro (più che di sfida) dei migliori traceurs di Francia. Tracer che significa letteralmente segnare, disegnare, per creare vettori di diversione (se non di sovversione) dello spazio urbano. Con il proprio corpo come solo strumento di espressione, i traceurs segnano e (ri)disegnano la città, nonché la Grande Halle della Villette, che si trasforma per un giorno in vero e proprio percorso del combattente a forza di travi, impalcature, carcasse di automobili e container.
Un po’ più in là nel parco, nella Prateria del Circolo Sud, l’occhio attento scorgerà quella che potrebbe sembrare un’immensa torre di Mikado. Sembrerebbe che la Villette non abbia ancora esaurito i suoi assi nella manica: fino al 21 agosto, con il suo progetto partecipativo Collective Folie, Tadashi Kawamata installa una torre di 21 metri di altezza. Ecologica perché interamente realizzata in legno riciclato. Partecipativa in quanto sarà il pubblico (adulti e bambini) a contribuire alla realizzazione (e allo smantellamento). All’interstizio fra arte, installazione e architettura, l’opera ha vocazione a restare perpetuamente incompiuta ed è destinata, in ogni caso, a vivere soltanto l’istante di una stagione. Giusto il tempo di fare da bastione a un parco più che mai live. Vivant. Terreno di gioco per corpi performanti in movimento.
Martina De Fabrizio
www.villette.com/fr/agenda/Hautes-Tensions-2013.htm
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