A Firenze chi ha paura di Ex3?
L'Auditorium di viale Giannotti a Firenze e il suo destino tormentato: la breve esistenza di Quarter con la direzione artistica di Sergio Risaliti, il nuovo progetto Ex3 di Sergio Tossi e dopo tre anni ancora la chiusura. Il centro denuncia il taglio dei finanziamenti da parte del Comune, che a sua volta si giustifica segnalando gli scarsi risultati in termini di affluenza. Che cosa accade adesso? Ne abbiamo parlato con Mario Setti, presidente di NEM - Nuovi Eventi Musicali, l'associazione che si è aggiudicata il nuovo bando di gestione.
Riprendiamo la storia dalla sua fase più recente: Ex3 chiude a giugno e il Comune di Firenze decide di bandire una nuova gara per la gestione del centro.
Il Comune di Firenze si è trovato, per ragioni che conosciamo superficialmente, a dover dare in gestione un immobile di sua proprietà mantenendone la destinazione d’uso valsa fino a quel momento, perciò ha indetto un bando secondo la tipologia attuale e diffusa: le condizioni non prevedono alcuna elargizione finanziaria, soltanto dei benefici, come l’agevolazione sull’affitto o la possibilità di svolgere una limitata attività commerciale; la causa del diverso rapporto tra le amministrazioni pubbliche e gli operatori culturali è evidente, si tratta della crisi economica. La difficoltà della richiesta fa sì che spesso questi bandi vadano deserti o, come nel caso in questione, contino una scarsa partecipazione… bisogna valutarne sia i pro che i contro: da una parte non ricevi soldi, dall’altra sei libero da costrizioni. Inoltre dobbiamo precisare un aspetto importante: il nome Ex3 apparteneva alla precedente cooperativa e, anche se ormai è nell’immaginario pubblico, noi non potremo usarlo.
Quale programma avete proposto per il Centro?
Il bando era molto generico, per cui non abbiamo specificato più del necessario. Per quanto sia difficile e discrezionale dividere in percentuali le iniziative culturali, come da richiesta la programmazione sarà dedicata per un 50% all’arte contemporanea – con tutti i distinguo e i limiti della definizione – per un 25% alla musica e per un 25% alla danza.
La NEM, associazione di cui sei presidente, ha partecipato da sola oppure insieme ad altri soggetti?
La proposta è esclusiva della NEM, ma ovviamente avremo bisogno di partnership: per l’arte contemporanea Maurizio Vanni; per la danza Opus Ballet, realtà fiorentina già affermata, più l’emergente OMA – Officina Movimento Arte; la NEM si occuperà di tutta la parte musicale.
Quindi l’incarico a Maurizio Vanni è ufficiale?
Ci sono state alcune polemiche… tutto ciò che gravita in ambito giornalistico spesso ha poco a che fare con la realtà. Maurizio Vanni è uno dei massimi esperti in Italia per questo tipo di strutture – ricordo che ha fatto parte dell’ultima commissione che assegnò la gestione di Ex3 –, ha contatti in tutto il mondo e numerosi accordi con gli investitori. Il suo ruolo è confermato, purché le condizioni che abbiamo posto insieme vengano rispettate.
Quando inizieranno le nuove attività?
Fosse per me, saremmo già sulla scena, però dobbiamo considerare vari aspetti. Mi auguro che insieme all’amministrazione riusciremo a procedere con velocità. Ciò che voglio ribadire è che non inizieremo in modo avventato, prima che tutti i tasselli siano incastrati: meglio un po’ di ritardo ma con la certezza della continuità, che una partenza tanto per fare.
In generale la ritieni un’operazione pericolosa?
Come risponderti, in ogni cosa ci trovi una dose di rischio. E poi io in questi anni di attività con la NEM, anche se l’ho scoperto dopo, ho sempre lavorato in situazioni problematiche. Diciamo che questa avventura è difficile, più che pericolosa.
Ti sei fatto un’idea sui motivi per cui il Centro ha funzionato in modo alterno e ha subito più chiusure?
Servirebbe una conoscenza più approfondita. Sappiamo che tra le prime due fasi c’è stata diversità: Quarter fu fortemente voluto dal Comune ed ebbe una connotazione politica, con Ex3 invece ci si è affidati a un privato. La mia prima esperienza diretta ed effettiva con il Centro è stata nel 2010, quando abbiamo presentato Delusion di Laurie Anderson; l’impressione è stata positiva, sia per la risposta del pubblico – quindi come test delle potenzialità del luogo – che per il rapporto con Sergio Tossi e con i suoi collaboratori. Ad oggi, più dei motivi mi sento di indicare una componente davvero necessaria al luogo, quella commerciale: lo affermo contro la mia stessa storia, visto che ho sempre puntato sui contenuti.
Puoi farmi qualche esempio?
Già il nome, che probabilmente non sarà legato ai sogni ma alla dura realtà.
Quindi a uno sponsor?
Sì. Se invece non funzionerà, abbiamo in mente un altro nome, in riferimento al passato…
Puoi dirlo?
È top secret! Scherzi a parte, è meglio non rivelarlo, visto che probabilmente non lo useremo.
Qualche anticipazione su ciò che presenterete?
È prematuro, soprattutto per la parte attinente all’arte contemporanea. Ad ogni modo, lavoreremo con la massima qualità, concentrandoci sulla multimedialità, termine preferibile a ‘contaminazione’, che mi ricorda l’ospedale. Se tu fai un concerto in cui ci sono i Pink Floyd e Beethoven, senza mescolarli ma creando rapporti, puoi rivolgerti a un pubblico più ampio. Insomma, quanto abbiamo sempre fatto con la NEM, in accordo alla natura originale dell’edificio che, ricordiamolo, è un auditorium.
In conclusione: che cosa avrà di speciale il vostro progetto?
Anche se ci siamo arrivati in ultima battuta, questa è la parte più importante. Noi non faremo né un museo né un luogo di mostre, ma un centro sul modello europeo. Il problema reale di Firenze non è più l’arte contemporanea da realizzare, ma il ritardo del dibattito stesso: le parole si riferiscono a strutture ed elementi che ormai non esistono più. Noi abbiamo in mente un progetto di multimedialità, di coinvolgimento di tutti i sensi: ad esempio, potremmo chiamare un grande chef. La contemporaneità, esattamente come è accaduto per il Rinascimento, è ciò che fai nel presente per le generazioni future; sebbene questa città sia molto indietro rispetto ad altre, vale la pena di iniziare il percorso. Basta con il tempo delle critiche e delle chiusure, è di nuovo il momento di realizzare.
Matteo Innocenti
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati