Ravenna 2019. To be continued
Nell'anno di presentazione del dossier di candidatura, incontriamo Alberto Cassani, direttore di candidatura per Ravenna 2019. Ravenna, che - come emerge dal sondaggio ancora in corso fra i lettori di Artribune - è tra le "favorite" alla corsa europea. Gli abbiamo chiesto di raccontarci cosa sta succedendo in questo ultimo rush.
Da questa estate, data dell’ultima intervista che hai rilasciato ad Artribune, come si è evoluto il progetto di Ravenna Capitale della Cultura 2019?
È cresciuta la convinzione che possiamo predisporre un ottimo dossier. Dall’ultima volta che ci siamo sentiti, abbiamo completato la fase di open call e quella di lavoro dei working group, cioè gli strumenti che ci siamo dati per ampliare il più possibile la partecipazione di addetti ai lavori e cittadini, finalizzata all’elaborazione di idee progettuali e proposte per il dossier di candidatura.
L’open call è andata molto bene, sono arrivate circa 400 proposte e i working group hanno svolto un lavoro importante: solo a Ravenna erano 15 o 16, mentre complessivamente la Romagna ne conta quasi una trentina. Naturalmente noi abbiamo valutato le varie proposte che sono arrivate e abbiamo anche pensato che fosse giusto organizzare un appuntamento chiamato Agorà, nel corso del quale si presentano una sorta di stati generali della cultura in Romagna, un incontro che dà la parola ai cittadini che hanno partecipato alla chiamata di idee e una raccolta dei working group di Ravenna città.
Dall’open call cosa è emerso?
Dunque, sicuramente una grande volontà di partecipare e di dare un contributo. Ovviamente non tutti potranno rientrare nel dossier di candidatura, ma faremo una sorta di Banca delle Idee dalla quale, nella continuazione del percorso di candidatura e a maggior ragione se vinceremo, potremo attingervi per andare a dettagliare le varie iniziative.
Le tempistiche quali sono?
A settembre il dossier di candidatura dovrà essere pronto in lingua italiana e in lingua inglese. Sarà articolato in una parte di principi fondamentali – sostanzialmente l’identità della candidatura -, le caratteristiche essenziali, peculiari, il programma artistico-culturale, che in fase di preselezione dovrà essere presentato a grandi linee… Noi siamo già a un buon livello di definizione perché, oltre ad alcune suggestioni, abbiamo anche idee concrete di eventi, quelli che vengono chiamati “eventi principali” nel bando. Poi ci sarà una parte sulle infrastrutture, una sul budget e sulla comunicazione… Noi ci stiamo lavorando, con tutte le risorse del territorio, elemento fondamentale della nostra esperienza di candidatura, che ha il senso di lasciare qualcosa che resta. Se no ci si attiene alla logica delle grandi mostre che passano, fanno anche cose bellissime, ma vanno via e lasciano il vuoto.
A fine settembre è stata inoltre annunciata la collaborazione con Matera. Qual è il senso di questa collaborazione? E soprattutto se vince una di voi due, vincete entrambe?
Se vince una di noi due, vince quella che vince. Il senso di questo accordo di collaborazione è legato a un’idea che ci tiene uniti. E l’idea è che la competizione può essere anche interpretata come un’occasione per collaborare e che questo non è un paradosso o un ossimoro, ma il senso più vero se si vuol fare un servizio all’Italia, che ne avrebbe anche bisogno.
Ma come mai proprio Matera?
Perché ce ne siamo occupati fin dall’inizio. Fin dalle prime riunioni a Bruxelles nel 2008 abbiamo coltivato questo progetto con continuità, l’abbiamo fatto crescere, l’abbiamo sviluppato. Quindi ci diamo atto del fatto che abbiamo preso seriamente questa opportunità per costruire qualcosa che può sopravvivere all’investitura. Questo secondo me è un merito. Siccome poi le cose, anche le notizie, hanno oggi una durata molto limitata e la memoria non esiste più, incontrandoci con Matera abbiamo voluto lasciare un qualcosa che resista nel tempo. E da li è discesa anche una disponibilità a collaborare concretamente. Le Albe avranno un ruolo dentro a Materadio, Film Commission Basilicata potrà avere un ruolo qui, c’è una apertura alla costruzione di progetti comuni. È chiaro che se passiamo tutte e due la preselezione ognuno se la giocherà come meglio può. Ma lo spirito è che se si è lavorato in un certo modo si vince comunque, anche se non si diventa Capitale Europea della Cultura.
Ravenna è stata tra le candidate che più hanno cercato di dialogare con le concorrenti, indicendo forum, momenti di confronto… Quali sono stati i benefici che avete ricevuto da questo vostro sforzo?
Noi abbiamo organizzato il primo convegno aperto a tutte le città che avevano espresso la volontà di candidarsi. È sempre molto interessante capire come gli altri territori interpretano un percorso comune. Annessa e connessa c’è, per quanto faticosamente stia maturando, l’idea di costruire un progetto di Italia 2019, una visione comune del nostro Paese aperta all’Europa. E quella idea è nata a Matera, in quel convegno.
Siamo al rush finale. A parte voi, quali sono le candidate che a vostro parere hanno maggiori possibilità di vincere?
Ci sono città che si stanno impegnando più di altre, credo che sia abbastanza oggettivo. Assieme a noi, credo siano Matera, Siena e PerugiaAssisi. Bisognerà poi vedere, inoltre, come evolverà la situazione del Nordest.
Santa Nastro
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