La cultura, lo sviluppo e il discorso di Enrico Letta alla Camera. L’Italia è una ‘bellezza senza navigatore’, ma a parole si intravede la rotta
“Bellezza senza navigatore” dice Enrico Letta, che cita Luciano Ligabue di ‘Buonanotte all’Italia’. E subito potresti pensare che si va per il verso sbagliato. E invece no. Il passaggio sull’arte e la cultura, sul turismo e lo sviluppo (sviluppo!) che da tutto questo può venire è un passaggio piccolo ma importante, nel discorso con il […]
“Bellezza senza navigatore” dice Enrico Letta, che cita Luciano Ligabue di ‘Buonanotte all’Italia’. E subito potresti pensare che si va per il verso sbagliato. E invece no. Il passaggio sull’arte e la cultura, sul turismo e lo sviluppo (sviluppo!) che da tutto questo può venire è un passaggio piccolo ma importante, nel discorso con il quale il nuovissimo Capo del Governo ha conquistato la fiducia presso Montecitorio.
Ovvio che poi gli articoli sui giornali siano stati appannaggio dell’Imu, dello stop all’aumento dell’Iva e al taglio dei costi della politica; però la cultura c’è e c’è in maniera piuttosto lucida. A riprova che dietro a Letta c’è uno staff di persone in grado – quanto meno – di saperli scrivere, i testi.
Ma cosa dice il discorso, che vi allegghiamo qui sopra per esteso? Dice che l’Italia deve smetterla di autocommiserarsi, anche perché altrove, fuori di qui, è ammirata. Parla di made in Italy e del ruolo strategico dell’Expo: “una grande occasione che non dobbiamo mancare” (siamo a metà 2013, l’Expo di Milano è previsto per il 2015 e mancano ancora delle leggi che permettano di partire…). Dice che puntare sulla cultura significa “attrarre investimenti” e innescare un “motore e moltiplicatore di sviluppo”. Mette insieme (pensate alla nostra sinergia con il Gambero Rosso, per dire) l’arte e la cultura con l’agro-alimentare e con l’enogastronomia. Dice che occorre “valorizzare e custodire l’ambiente, il paesaggio, l’arte, l’architettura”. Proprio così: prima valorizzare (!), poi custodire e non viceversa. E tantomeno soltanto “custodire” come qualcuno vorrebbe.
E infine, in barba alla retorica Nimby e NoTav, pone come presupposto indispensabile allo sviluppo culturale del paese le “infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali”. Tutto si tiene. Per ora a parole, naturalmente: per fare i fatti la partita è nelle mani di Massimo Bray, nuovo Ministro della Cultura.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati