Sarà anche appena accennata, ma la sagoma di un diavolo davanti a una chiesa non si può mettere. Sollevazione popolare in quel di Lorenteggio, periferia di Milano, per il site specific con cui Mirko Canesi interviene davanti all’oratorio di San Protaso
C’è chi ci vede un cervo volante, chi invece uno scarabeo. E infine chi riconosce, in quella silhouette dorata dalle tante corna acuminate, il volto del diavolo. E dunque apriti cielo in quel di Lorenteggio, popolosa e popolare periferia occidentale di Milano, dove l’ultimo intervento site specific di Mirko Canesi scatena le reprimende dell’integerrima comunità locale. Infastidita, […]
C’è chi ci vede un cervo volante, chi invece uno scarabeo. E infine chi riconosce, in quella silhouette dorata dalle tante corna acuminate, il volto del diavolo. E dunque apriti cielo in quel di Lorenteggio, popolosa e popolare periferia occidentale di Milano, dove l’ultimo intervento site specific di Mirko Canesi scatena le reprimende dell’integerrima comunità locale. Infastidita, disturbata, offesa al punto da minacciare l’intervento delle forze dell’ordine. Sul banco degli imputati finisce Fall and Rising, Fall and Rising, Fall and Rising… mantra visuale che riflette sulla tensione tra uomo e natura, indugiando sulla costante tendenza alla prevaricazione dell’uno sull’altra. Lo fa sul sagrato – se tale può essere definita un’aiuola – del minuscolo oratorio di San Protaso, baluardo di genuina devozione tradizionale piazzato nella striscia verde che fa da spartitraffico di via Lorenteggio: fondazione millenaria per la minuscola pieve, sopravvissuta a infiniti rifacimenti e alle golosità delle più recenti urbanizzazioni, ibrido spazio di socialità che accoglie indifferentemente eventi culturali e funzioni religiose. Su due degli alberi che abbracciano la chiesa, ecco spuntare nel disgusto generale, gli stencil di Canesi; una delle siepi viene opportunamente manipolata, con parte delle foglie recise nel punto esatto che rende l’amputazione indolore per la pianta, con la ferita suturata elegantemente con un nastro dorato. L’operazione, pendant della collettiva con cui lo spazio Art Kitchen racconta il paesaggio naturale come ambito residuale, isola felice per una creatività libera da condizionamenti, sortisce l’effetto desiderato dall’artista in termini di approccio relazionale con il contesto. Certo non si sarebbe aspettato lamentele e minacce, ma se lo scopo era quello di suscitare reazioni, Canesi ha colpito nel segno. Recependo con stupore come le reprimende siano arrivate per il presunto affronto portato al luogo sacro, offeso dal vago riferimento ad una iconografia che rielabora e stravolge figure demoniache di tradizione medievale, assunte a simbolo di violenza tout-court e libere da superfetazioni dogmatiche; là dove nessuno s’è posto il problema se l’azione abbia, o meno, ferito le piante oggetto dell’intervento.
– Francesco Sala
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