L’Hotel sur la lune. Il volo di Gian Maria Tosatti: utopia in mezzo al cielo
Nell'ambito del progetto Space Metropoliz, Gian Maria Tosatti realizza un'opera, sul tetto della vecchia fabbrica occupata di Via Prenestina, a Roma: un telescopio per guardare la luna, coltivando il sogno di una fuga. Un volo incontro alla libertà, come dimensione necessaria
Un video tratto dal film documentario Space Metropoliz, ancora in fase di lavorazione. Il racconto di un’opera di Gian Maria Tosatti, tra genesi e realizzazione: a girarlo sono Fabrizio Boni e Giorgio de Finis, che con questo contributo si aggiudicano la vittoria del festival “Roma: i colori del mondo” (9-12 maggio 2013).
Negli undici minuti di montaggio “L’Hotel sur la lune” cuce insieme immagini di backstage, un’intervista all’artista e la fase delicata del collaudo, restituendo il fascino di un’opera senza tempo, nata da un’intuizione tanto semplice quanto emozionante: piazzare in cima alla torre del Metropoliz – la vecchia fabbrica occupata di via Prenestina, a Roma – un grosso telescopio, costruito con mezzi di fortuna. E con quello puntare alla luna.
Il viaggio di Tosatti incontro al cielo – viaggio scopico, mentale, visivo e visionario, immaginifico e spirituale – è il balzo di chi cerca un posto a cui dedicare la propria fuga. Un posto in cui sopravviva, lucida, l’utopia della libertà.
Un posto che non è più l’America, terra di sogni caduti e di conquiste spacciate; un posto che non è l’Est, dopo il crollo delle mitologie socialiste, venute giù assieme al possente muro-monumento; un posto che non è la rivoluzione del Terzo Mondo, esaltata nel conflitto di frontiera, che Pasolini cantò nella sua Profezia di versi messi in croce: versi santi, spregiudicati e sporchi, da cui emanava tutta la fatica dell’essere mortali, la potenza dell’alterità e quel bisogno di libertà inscritto nella carne.
La luna, per Tosatti, è quel posto lì. L’Altrove, come non lo abbiamo visto mai. Isola di terra e di luce verso cui proiettarsi, quasi a scommettere sull’innocenza di un sogno molto antico. Come in un film di Mèlies o come nel volo sbagliato di Gagarin. E allora l’opera diventa celebrazione dell’evento, del miracolo che insidia l’ordinario: costruzione di un progetto utopico, in fondo a un tempo critico. Ultima via di salvezza. E dopo il naufragio fu il decollo.
– Helga Marsala
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