Fondazione Crt. Il Piemonte che tiene duro
Intervista con Fulvio Gianaria. Con il presidente della Fondazione per l'Arte CRT abbiamo passato in rassegna tutti gli investimenti e gli impegni culturali dell’ente. Da ZonArte a Resò passando per le OGR e le acquisizioni e i musei. Ecco tutto il quadro.
Fra i progetti ai quali la Fondazione per l’Arte CRT dedica particolare attenzione c’è ZonArte, la piattaforma educational che negli ultimi tempi è passata per Artissima, Documenta, ora il Salone del Libro di Torino. Quali sono le prossime tappe?
I laboratori di ZonArte continuano a creare spazi di arte condivisa dentro grandi contenitori culturali; dopo l’erbario collettivo al Salone del Libro di Torino, in occasione della mostra di Michelangelo Pistoletto saranno i giardini delle Tuileries a Parigi a ospitare le attività d’arte partecipata del network: la giornata sui prati prevista per l’8 e il 9 giugno davanti al Louvre è legata infatti all’Oper-azione Terzo Paradiso, in relazione alla mostra Anéè un. Le paradis sur terre. Il workshop a Parigi è solo uno degli appuntamenti de I luoghi e i tempi dell’arte, una serie di rassegne, workshop, laboratori e incontri di formazioni per insegnanti e operatori culturali in programma nelle sedi dell’arte di Torino e del territorio tra maggio e ottobre. Infine, prima di Artissima 20, in estate il network ZonArte darà vita alla terza edizione della Summer School, trasformando il Castello di Rivoli in un polo formativo multidisciplinare in cui esperti italiani e internazionali proporranno laboratori e workshop pubblici, sessioni di interviste e tavole rotonde rivolti agli “artenauti” di tutte le età.
È interessante il filone di indagine che sta portando avanti il network di ZonArte, quello del rapporto fra soggetto collettivo e paesaggio. Porre all’attenzione questo tema in situazioni che vedono la partecipazione di un pubblico ampio è probabilmente la strada più corretta. Sul tema qual è il suo punto di vista? Torino e la sua provincia si sta confrontando con una realtà anche conflittuale in questo senso…
La situazione critica attuale comporta una necessaria attenzione verso i temi considerati prioritari per i cittadini, quali il lavoro, la sanità, l’istruzione, lasciando da parte tutti quegli aspetti che rientrano nel settore del welfare; e questo è normale, anzi, assolutamente legittimo.
Tuttavia sarebbe sbagliato permettere alle persone di dimenticare quei temi che costituiscono la cultura di un popolo, e che le mettono in relazione con il territorio che le circonda. Un progetto come ZonArte tenta di dare un piccolissimo contributo in questa direzione, creando un luogo e un tempo dove l’arte e la cultura permettano al pubblico, nel senso più ampio del termine, di riappropriarsi, anche solo temporaneamente, di una dimensione che fa parte della vita di ognuno di noi, ma che spesso viene dimenticata.
Capitolo Resò, ovvero la rete di residenze d’artista che vedono l’area di Torino al centro di un interscambio di creativi. Quali sono le novità?
Il progetto Resò, giunto alla terza edizione, continua tra questa primavera e l’estate a tessere un filo dell’arte tra il territorio piemontese e i contesti emergenti delle istituzioni partner Townhouse Gallery del Cairo, Khoj International Artists Association di New Delhi e da quest’anno Lugar a Dudas di Cali in Colombia, nuovo partner che sostituisce la residenza brasiliana di Capacete. I nostri artisti Fatma Bucak e Franco Ariaudo tra adesso e l’autunno saranno in residenza tra il Cairo e New Delhi, mentre tra giugno e agosto il PAV ospita gli indiani del Frameworks Collective, la Fondazione Spinola Banna la coppia di egiziane Malak Helmy e Nida Ghouse e la Fondazione Pistoletto accoglie a Cittadellarte la colombiana Cristina Ungar.
In quanto Fondazione, avete mai pensato di proporre/sostenere un vero e proprio edificio che possa accogliere un numero più elevato di artisti? Il valore aggiunto per la città sarebbe immediato e i costi sicuramente non esorbitanti.
Il problema non è certo trovare o sostenere edifici che possano accogliere più artisti, quanto piuttosto rafforzare e implementare l’offerta lavorativa che in questo settore, più che in altri, vive un momento di enorme crisi; l’artista che oggi arriva a Torino fa fatica a inserirsi nel sistema culturale della città, a causa delle enormi difficoltà economiche in cui versano gran parte delle istituzioni culturali, difficoltà che nella maggior parte dei casi non consentono di pianificare una programmazione culturale, o di avviare nuove collaborazioni.
Nell’ottica di fornire occasioni di lavoro e visibilità, piuttosto che strutture in cui operare, come Fondazione abbiamo provato ad aggiungere un piccolo tassello con il progetto Resò Meet-up (quest’anno giunto alla seconda edizione), il cui obiettivo è quello di formare promettenti artisti residenti sul territorio, in un percorso di studio e accompagnamento alla realizzazione di una mostra, momento fondamentale di restituzione per qualsiasi artista.
Il grande progetto di un centro d’arte nelle famigerate OGR a un certo punto della storia recente sembrava cosa quasi fatta. Poi è sembrato cadere nel dimenticatoio. A che punto siamo?
Stiamo seguendo la vicenda e sappiamo che Fondazione CRT sta in questi giorni concludendo l’accordo di acquisto dell’area e sono previste numerose attività già a partire dalla prossima estate, in concomitanza con i lavori di recupero degli edifici. Crediamo sia un’opportunità importante per la città, per contribuire al percorso intrapreso da Torino di essere sempre più un polo culturale a livello nazionale.
Le acquisizioni della Fondazione per il Castello di Rivoli e la GAM sono una linfa vitale per questi musei. Cosa ne pensa del progetto di una super-fondazione che metta sotto un unico cappello realtà come il Castello, la Fondazione Torino Musei e Artissima?
Ottimizzare le risorse umane ed economiche è d’obbligo, di questi tempi, purché venga fatto con criterio, garantendo il livello di eccellenza di queste istituzioni. Da sempre sosteniamo l’importanza del lavoro di sistema, nella convinzione che l’operato collettivo possa portare maggiori vantaggi, visibilità, esperienza e ricchezza rispetto all’operato del singolo; la cosa più importante, però, è che non vengano perdute le specificità e le vocazioni di ciascuno, poiché ognuna di queste istituzioni ha avuto un percorso storico del tutto differente dalle altre, con ricadute diverse sul territorio.
Restiamo alle acquisizioni. La Fondazione ha un comitato scientifico di altissimo livello, che fra l’altro sarà a Torino fra poche settimane. Come lavora praticamente? Non c’è il rischio di avere un occhio di riguardo troppo sbilanciato verso l’“international style” e di lasciare in secondo piano la realtà territoriale?
Il comitato scientifico è stato istituito fin dagli esordi al fine di garantire la qualità delle acquisizioni e la congruità del prezzo di acquisto; ciò è possibile grazie all’elevatissimo livello di esperienza dei membri che ne fanno parte e anche grazie al loro ampio sguardo sulla scena artistica internazionale. La loro esperienza, infatti, consente di saper valutare in maniera puntuale e appropriata sia gli artisti stranieri sia quelli italiani, che conoscono comunque molto bene, grazie al fatto che oggi sono molto richiesti anche all’estero, in taluni casi anche presso i loro musei. Nel caso di quelli più giovani, ricordiamo che in ogni caso le proposte di acquisizione arrivano in primo luogo dai direttori del Castello di Rivoli e della Gam, a garanzia della conoscenza della realtà territoriale.
Futuro immediato: qual è il budget che quest’anno la Fondazione ha avuto a disposizione e quale sarà quello del prossimo anno?
Attraverso un’oculata e necessaria scelta, stiamo lavorando per mantenere inalterato il programma delle attività rispetto allo scorso anno, con particolare attenzione al livello qualitativo dei progetti e all’attività di acquisizione, che rimane prioritaria. Sul prossimo anno è prematuro avanzare delle ipotesi.
Futuro prossimo: come vede Fulvio Gianaria il sistema dell’arte torinese fra cinque anni? E quale ruolo può giocare la Fondazione in questo scenario?
Spero di vederlo rafforzato, in particolare spero che il momento di crisi attuale possa diventare un’occasione, un motore, per tirare fuori idee e progetti innovativi, al di là delle risorse economiche che temo saranno sempre più scarse. La Fondazione s’impegnerà, come ha fatto fino ad ora, per portare avanti i propri progetti, che stanno iniziando a dare i loro frutti, e si porrà come partner di riferimento e confronto verso il sistema dell’arte contemporanea piemontese, con la stessa passione che l’ha guidata in questi dodici anni di attività.
Marco Enrico Giacomelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati