Massimiliano Gioni e il suo Palazzo Enciclopedico. L’utopia, attraverso la storia
Ispirato alla grande utopia architettonica di Marino Auriti, il progetto di Massimiliano Gioni per la 55° Biennale di Venezia è un omaggio all'idea del sapere totale e al potere delle visioni interiori, mentali, intellettuali. Ecco il racconto del Palazzo Enciclopedico, nelle parole del direttore
Una Biennale che ridiscute e celebra il senso della storia, mischiando il presente col passato; una mostra che unisce realtà e utopia, impulso visionario e spinta pragmatica verso la costruzione; un progetto che insegue un’idea di verità, declinata lungo i sentieri più nascosti dell’esistenza: il sentimento del sacro, il rapporto viscerale col corpo e con la natura, la contemplazione del sé, la magia e il misticismo; e ancora antropologia, filosofia, esoterismo, letteratura, psicanalisi. Il Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni punta tutto su una scommessa: concepire una Biennale come un compendio per immagini dell’infinita avventura spirituale e intellettuale dell’uomo. E farlo per sfida, forse anche per una sottile provocazione: in un tempo di macerie e di maniera la salvezza sta, probabilmente, nel recupero di una certa dimensione autentica, oltre i cliché, oltre le divisioni, oltre le mode e i recinti rassicuranti, oltre gli steccati storici, generazionali, linguistici, politici. La vera questione politica, per Gioni? Ridiscutere la divisione – presunta – tra ciò che è dentro e ciò che è fuori, tra cosa è sistema e cosa non lo è ancora o non lo è stato mai, né mai lo diventerà. E capire, infine, che è la realtà tutta, nella sua molteplicità di voci e di risorse, a essere linfa per l’arte contemporanea, quando tutta l’arte diventa contemporanea rispetto a un passato che la completa e la reinventa, in una ideale coesistenza di tempi e di luoghi.
Ed eccola la mostra di Gioni, coraggiosa, rischiosa, inusuale, suddivisa tra il padiglione centrale ai Giardini e le Corderie (queste ultime modificate nella struttura, sacrificando l’originale infilata di ambienti regolari in favore di una architettura dinamica di stanze artificiali): una intensa commistione di artisti giovani e di maestri, di figure storicizzate e di insospettabili outsider, di professionisti e di autodidatti, di artisti, visionari, maghi, profeti, folli, artigiani, archivisti, ricercatori, studiosi, poeti, psicanalisti e straordinari dilettanti. Tutti, nell’armonico non sense di una storia che si eccede e si capovolge, chiamati a porgere racconti: i propri, biografici e quotidiani, e quelli di un inevitabile doppio onirico, fantastico, poetico. Il Palazzo Enciclopedico, archivio infinito e dunque impossibile – ma proprio per questo vivissimo, tra passato, presente e futuro – è in fondo un grande, bellissimo teatro della differenza, che porta in scena una trama di archetipi, sogni, segni, forme ed illusioni. Il direttore della 55° Biennale di Venezia racconta tutto questo ad Artribune. Sullo sfondo c’è l’immagine d’apertura, che è la stessa posta all’inizio del percorso all’Arsenale: quell’edificio mai esistito, immaginato dall’illustre sconosciuto Marino Auriti, in cui avrebbe dovuto trovare posto tutta la bellezza del mondo. Un museo monumentale in forma di enciclopedia architettonica, per celebrare, in 36 piani e 700 metri d’altezza, l’abbagliante avventura dell’arte e della conoscenza. Tra narrazioni utopiche, visioni intrepide e fallimenti necessari.
Helga Marsala
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