E anche Bonotto ha la sua fondazione. Intervista con Luigi

A Ca’ Badoer, una delle sedi dello IUAV di Venezia, è stata presentata la nuovissima Fondazione Bonotto (che presto avrà una sede architettonicamente griffata). Guest star Yoko Ono, e accanto a lei Luigi Bonotto, presidente e fondatore. Lo abbiamo intervistato per capire il come e il perché.

Presentazione in grande stile, per la neonata Fondazione Bonotto. È successo allo IUAV di Venezia con Yoko Ono e Luigi Bonotto, affiancati da Cristiano Seganfreddo (Fuori Biennale), Maria Luisa Frisa (direttore del Corso in Design della Moda e Arti Multimediali) e Carlo Magnani (direttore del Dipartimento Culture del Progetto). Con Bonotto abbiamo parlato di questa nuova attività.

Negli Anni Sessanta ha aperto la sua attività tessile e negli Anni Ottanta ha dato vita a quello che oggi è forse il più importante archivio d’opere d’arte performativa, Fluxus innanzitutto, e poi poesia sperimentale che comprende oltre 80 artisti e 120 poeti. Com’è nata questa passione?
La mia passione è nata così, da sola, giorno per giorno. Mi dedicavo all’arte e allo studio della tessitura. Ho frequentato Valdagno, dove arrivavano gli artisti con il Premio Marzotto, la sera mi trovavo con loro e poi di notte lavoravo in fabbrica oppure studiavo. Tutto è andato avanti di pari passo. Poi ho avuto la fortuna, mettendomi in proprio, di viaggiare e di conoscere il mondo, entrando così in un giro di conoscenze che mi hanno a loro volta presentato i grandi artisti. Con loro le mie conoscenze, la mia cultura, le mie capacità crescevano. Se mi fossi fermato ai pittori locali sarei rimasto un collezionista provinciale.

La sua attività le dava la possibilità di viaggiare e di iniziare a costruire la collezione. Qual è il pezzo simbolico?
Forse un progetto di Milan Knizak. Chi era? Era un artista di Praga che si schierava contro il sistema comunista russo (anche se ancora oggi è comunista egli stesso) e che ha fatto parte di un movimento di artisti molto attivi politicamente. Il progetto consisteva nella ricerca, in una collina, di sassi e materiali combustibili che avrebbe incendiato. Una performance di cui non ricordo il titolo, ma che non è un’opera. Quasi mai ho collezionato opere realizzate. Gli artisti che amo hanno sempre pensato a progetti che stimolassero il pensiero, ma non realizzavano oggetti. Ecco perché gli artisti Fluxus sono i miei preferiti.

Yoko Ono, I'll be back, 2013 - particolare dell'installazione presso lo Iuav, Venezia 2013 - courtesy Rachele Maistrello

Yoko Ono, I’ll be back, 2013 – particolare dell’installazione presso lo Iuav, Venezia 2013 – courtesy Rachele Maistrello

Sogno, arte e creatività: sono le parole chiave della Fondazione Bonotto. L’idea di riunire il mondo dell’impresa, dell’industria tessile nel suo caso, e il mondo dell’arte contemporanea è da sempre il suo sogno. Ma lei come si sente, più imprenditore o più collezionista?
Ancora oggi sono presidente dell’azienda in cui i miei figli lavorano. Mi muovo semplicemente come consulente e sono sempre a loro disposizione per tutti i consigli di cui hanno bisogno, ma devo ammettere che Giovanni e Lorenzo sono diventati bravi imprenditori, perché ho avuto il coraggio di farli sbagliare. Di lasciarli liberi di decidere nel bene e nel male, anche quando sapevo che la strada che stavano prendendo non era la più giusta. In questo modo hanno imparato molto e oggi possono guidare l’azienda meglio di me.  Questa libertà mentale me l’hanno data gli artisti. Non è un modo di fare tipico degli imprenditori, il mio. Sono sempre stato molto influenzato dalla libertà artistica, ed è per questo che sono qui oggi. Per dire che i due mondi in realtà possono essere molto vicini.  È una forma d’essere, un modo di vivere la quotidianità in modo libero. Bisogna rimettersi in discussione e verificare ogni giorno il valore delle proprie scelte.

Qual è il prossimo sogno di Luigi Bonotto?
È anch’esso un progetto: realizzare la sede della Fondazione a Bassano del Grappa, nell’ex macello. Abbiamo avuto un primo progetto di David Chipperfield, ma non è piaciuto. Ora un amico, grandissimo artista – non professionista dell’architettura – di cui non me la sento ancora di svelare il nome, sta rivedendo tutto e credo che nell’arco di cinque anni potremmo avere la sede dove svolgere le nostre attività. Potrebbe diventare un simbolo mondiale. Ora le opere sono conservate all’interno della fabbrica.
Pensi, gli operai lavorano con opere di grandissimo valore storico e artistico tra i macchinari e questo li fa sentire parte di un gruppo solido e unito. È un valore aggiunto al loro operare quotidiano. La nostra collezione è comunque ora tutta interamente archiviata sul sito: ho voluto renderla pubblica, volevo che fosse accessibile a tutti.

Dedica di Yoko Ono a Luigi Bonotto - Courtesy Fondazione Bonotto

Dedica di Yoko Ono a Luigi Bonotto – Courtesy Fondazione Bonotto

Quali sono le attività a cui si dedicherà la Fondazione?
È un altro sogno: lavorare con i giovani. Giovani artisti, giovani curatori che mi insegnino a guardare ancora al futuro. Ci sarà un progetto di residenze e grandi opportunità per tutti coloro che vorranno farne parte. Divulgheremo l’azione Fluxus e Poesia Sperimentale con mostre, prestiti, collaborazioni con i più grandi musei e le più importanti istituzioni del mondo. Cercheremo di sostenere gli studi (anche con seminari e convegni, pubblicazioni e programmi curatoriali) relativi alla storia e alla critica d’arte contemporanea. Yoko Ono è un’amica e oggi mi ha fatto un grande regalo essendo qui alla presentazione della Fondazione. Lei, tra i principali protagonisti di Fluxus, è la madrina del nostro inizio.

Chiara Casarin

www.fondazionebonotto.org

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Chiara Casarin

Chiara Casarin

Chiara Casarin è curatore d’arte contemporanea, membro del Comitato Scientifico delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, membro del Comitato scientifico della Biblioteca Internazionale La Vigna di Vicenza e componente della Commissione per il nuovo Bailo dei Musei Civici di Treviso. Laureata…

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