Addio a Roberto Daolio, critico e curatore protagonista del “miracolo” bolognese degli anni ’80 e ’90. E fra i primi a scommettere in Maurizio Cattelan
Nel giorno in cui il mondo dice addio a una studiosa come Margherita Hack, quasi a voler ristabilire una sorta di metafisico e macabro equilibrio fra scienza e creatività, ci troviamo a tributare l’ultimo saluto anche ad un raffinato storico e critico d’arte, Roberto Daolio. Un personaggio chiave negli sviluppi dell’arte contemporanea italiana negli ultimi […]
Nel giorno in cui il mondo dice addio a una studiosa come Margherita Hack, quasi a voler ristabilire una sorta di metafisico e macabro equilibrio fra scienza e creatività, ci troviamo a tributare l’ultimo saluto anche ad un raffinato storico e critico d’arte, Roberto Daolio. Un personaggio chiave negli sviluppi dell’arte contemporanea italiana negli ultimi decenni, anche se a volte un po’ in disparte per la sua scelta di non sposare fino in fondo certe dinamiche che vedevano prevalere la comunicazione e la commistione col mercato rispetto all’ispirazione e alla prospettiva. Eppure sono tanti gli artisti italiani oggi sugli scudi a dover ricordare lui fra i primi ad averli sostenuti e valorizzati.
Era nato nel 1948 a Correggio, ed aveva studiato laureandosi a Bologna, dove poi si era formato a contatto con Renato Barilli. Dagli anni ’70 sempre a Bologna è stato docente di Antropologia Culturale e Antropologia dell’Arte all’Accademia delle Belle Arti, legando intanto il suo nome alla scoperta e alla valorizzazione di tanti artisti allora esordienti, da Eva Marisaldi ad Alessandra Tesi, Diego Perrone, Stefania Galegati, Cuoghi e Corsello.
Tanta parte di questa attività portata avanti grazie al legame con la Galleria Neon e con Gino Gianuizzi, dove curò anche una fra le prime personali di Maurizio Cattelan, in anni in cui Bologna era uno dei maggiori centri propulsori di novità sulla scena nazionale, grazie anche all’attività di Francesca Alinovi. Con lei e Barilli Daolio inventò a fine anni ’70 la fondamentale Settimana della Performance, all’allora Museo d’Arte Moderna di Bologna. Difficile in questa sede ricordare anche solo le tappe principali della sua attività critica, curatoriale e saggistica, con collaborazioni del calibro di MoMA/PS1, Biennale di Venezia, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Fondazione Ratti. Fra gli ideatori del Premio Alinovi, recentemente si era impegnato nel progetto Little Constellation, che coinvolge artisti delle micro aree geografiche e dei piccoli Stati d’Europa, fra cui San Marino, Islanda, Cipro, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Montenegro, Canton Ticino, Gibilterra, Isole Faroer.
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