Aspettando Lago Film Fest 2013. Marco Capellacci, Le fobie del guardrail
Torna a Revine Lago l'appuntamento col cinema indipendente di Lago Film Fest. Un'edizione ricca di proiezioni, eventi, anteprime, dedicata a cortometraggi, documentari, sceneggiature internazionali. Nell'attesa, ecco l'opera che vinse nel 2012 come Miglior Film Italiano
Torna, dal 19 al 27 luglio 2013, l’ormai rituale appuntamento estivo per i cinefili del Nord-Est: Lago Film Fest, nato nel 2005 a Revine Lago, in provincia di Treviso, raduna ogni anno appassionati del video e della pellicola, per uno dei giovani festival del settore più interessanti d’Italia. Cortometraggi, documentari e sceneggiature, arrivati da tutto il mondo per partecipare alla competizione, guarnita di eventi, talk, progetti speciali.
Così, l’appuntamento diretto da Viviana Carlet, Carlo Migotto ed Emiliano Bernardi proietta sulle acque del lago di Lago (detto anche di San Giorgio) le visioni incantate, poetiche, spregiudicate, oniriche, letterarie o documentative della produzione indipendente italiana e non solo: sei categorie per 95 titoli, di cui 38 nella sezione Internazionale, 19 in quella Nazionale, 14 nella sezione Nuovi Segni (opere sperimentali), 18 nella sezione UNICEF (opere per i bambini), e 6 nella sezione Veneto (opere di filmmaker veneti o ambientati in Veneto). E sono, in questo nutrito menu, ben 16 le anteprime italiane, 4 le internazionali, 2 le mondiali.
Torna anche il concorso “Rodolfo Sonego” per le sceneggiature italiane di cortometraggi (nella speranza che qualcuno si aggiudichi il premio produzione, vista la mancata assegnazione del 2012), insieme alla scaletta di concerti e agli interventi espositivi. Infine, il progetto SMA – Svizzera Mon Amour è dedicato alla migliore creatività di matrice elvetica, con proiezioni speciali, spettacoli, performance, degustazioni.
Nell’attesa di vedere i film selezionati per questa nuova edizione, pubblichiamo un video che è un omaggio a quella passata, ma soprattutto a uno dei vincitori: con Le fobie del guardrail il marchigiano Marco Capellacci (Urbino, 1988) si aggiudicava il premio per il “Miglior Film Italiano”, ottenendo buoni successi anche nei mesi a venire, uno su tutti la personale presso la galleria bolognese Elastico, in cui esponeva i disegni a matita del cortometraggio, eseguiti su soggetto e drammaturgia originali.
Un film ipnotico, quello di Capellacci. Cinque minuti di suono costante e vertiginoso – formato da Jean Carlo Bigini – che dilata lo spazio, fra strappi, echi, scricchiolii, tappeti armonici, pause, ritmi rarefatti e ossessivi, scivolando in una dimensione sospesa, atemporale. O meglio, è un tempo sommerso del ricordo, quello che il film spalanca: emozioni, traumi, ansie, incubi sepolti nella mente di un bambino.
Grafica asciutta e ruvida, senza fronzoli; solo il grigio della grafite sul bianco del foglio, per animare personaggi dall’espressività intensa, ma sintetici nei tratti. Lentissimi i gesti, statiche le pose e incongrua la narrazione, quasi che a contare siano più i grandi occhi spalancati, fissi sul vuoto, le indecifrabili azioni scandite da segni simbolici, le atmosfere sature di inquetudine, che non lo sviluppo lineare della storia. E Le fobie del guardrail, in effetti, non è una storia, in senso stretto. È piuttosto una corsa attraverso un sogno noir, in cui la sostanza delle cose si dissolve nella forma liquida della visione. Ciò che l’occhio vede e che la mente registra si tarsforma, sulla spinta di fantasie infantili e opache, in un magma emozionale. In mezzo a ombre, nebbie, fuori fuoco, foschie, tremolii, zone sature e macchie cieche.
Mentre si accavallano, tra le quinte di un teatro surreale, il ricordo, il conflitto, l’enigma, lo stupore. Straniamenti, nel perimetro impossibile di un guardrail.
Helga Marsala
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