Rispondere alla vita. Sei artisti per una domanda da Umberto di Marino
Un’operazione coraggiosa, controcorrente. Anziché la corsa al nuovo a tutti i costi, illuminare nuovi sensi da inediti accostamenti semantici tra opere già esistenti. Una collettiva sulla contrastata e sempre aperta storia d’amore tra l’uomo e il suo contesto. Da Umberto Di Marino, a Napoli, fino al 30 settembre.
L’opera d’arte come segno mutevole, non fisso e dato una volta e per sempre, ma vocabolo capace di accendersi di nuovi riflessi in relazione al sistema-contesto ospitante. Sfida riuscita, quella di Umberto Di Marino, di tessere una nuova e compatta architettura con opere già viste in precedenti progetti espositivi, ma con ancora infinito margine di significatività da valorizzare e riscoprire.
Tema ampio ma non banalmente e dispersivamente svolto, l’eterna ricerca di armonia tra ogni uomo e il suo ecosistema, naturale o antropico. Il dato di partenza è dipanato in modo circolare, rispecchiando il procedimento riflessivo in un percorso allestitivo di ferma compattezza concettuale.
Si inizia con un primo ambiente dedicato ai danni prodotti dalle utopie economiche e ideologiche dell’uomo, con gli scatti di Sergio Vega, frammenti iconici generatori di strutture architettoniche astratte ben più ampie, e con la mappatura documentativa, a cavallo tra percezione individuale e globale, lirica e digitale, di Eugenio Tibaldi.
La seconda stanza è un’isola-cuscinetto di pace, ombelico generatore di speranza propulsiva nel ragionamento per immagini, con l’ipotesi di armonizzazione tra microcosmo neuronale e macrocosmo astrale di Alberto Di Fabio e con la rivalutazione filosofica del quotidiano di Satoshi Hirose. Infine, il terzo vano e movimento espositivo è un ritorno traumatico – ma più consapevole dopo aver assaggiato la possibilità del cambiamento – al dramma, con la denuncia sociale di Jota Castro e Francesco Jodice, portatori di responsabilizzazione individuale al di là di ogni stereotipo e sirena mediatica.
La possibilità di nuovo, in vita come in arte, è appunto nel vuoto, vertiginoso ma inebriante, di risposta: nella scelta, mai data e sempre personalmente autonoma, che ciascuno è libero di scrivere in quei punti di sospensione.
Diana Gianquitto
Napoli // fino al 30 settembre 2013
Why? Because life…
UMBERTO DI MARINO
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