Il volto internazionale del Premio Celeste. Ancora pochi giorni per iscriversi, bastano cinquanta euro a opera. Concorsi a pagamento: se la qualità è alta vale la pena pagare?
Quinta edizione per il Celeste Prize, la versione internazionale del Premio Celeste. Chiuse già da un mese le iscrizioni per la tradizionale sezione italiana – che compie già dieci anni, con la direzione di Andrea Bruciati e la mostra dei quaranta finalisti al Pan di Napoli, in ottobre – mentre per il Prize ci sono ancora pochissimi giorni […]
Quinta edizione per il Celeste Prize, la versione internazionale del Premio Celeste. Chiuse già da un mese le iscrizioni per la tradizionale sezione italiana – che compie già dieci anni, con la direzione di Andrea Bruciati e la mostra dei quaranta finalisti al Pan di Napoli, in ottobre – mentre per il Prize ci sono ancora pochissimi giorni di tempo. Dead line fissata infatti al prossimo 31 luglio: sono ammessi artisti di tutte le età e appartenenze geografiche, anche alle primissime armi e dediti a diversi linguaggi. Ecco le categorie in concorso: Painting & Graphics, Photography & Digital Graphics, Video & Animation, Installation, Sculpture & Performance, Curator’s Choice, Visitors’ Choice. Per le prime quatto ci sono 4mila euro in palio, 3.500 per la penultima e solo 500 per l’ultima. Il metodo è sempre caratterizzato da una forte interattività, tra presenza sul web e partecipazione diretta di pubblico e artisti: nella prima fase il curatore del premio – quest’anno Ami Barak, critico d’arte e docente alla Sorbonne di Parigi – sceglie e pubblica online 120 opere tra le moltissime pervenute; poi ogni curatore del comitato di selezione (Ferran Barenblit Iara Boubnova Katrina Brown Florence Derieux Dominique Fontaine Christian Fuller Mihnea Mircan Gean Moreno Ian Alden Russell Alia Swastika Gaëtane Verna) tra queste ne sceglie e pubblica venti (cinque per categoria). Le quaranta che otterranno il maggior numero di preferenze arriveranno in finale, con una mostra all’Ex Gil di Roma. Quindi, saranno gli stessi finalisti a votare per scegliere le opere vincitrici.
E veniamo alla nota più spinosa: l’obolo per la partecipazione. Servono cinquanta euro per ognuno dei lavori candidati. E le polemiche non mancano, qui come altrove. Per qualcuno resta un errore chiedere quote di questo tipo che, ancorché contenute – ma nemmeno troppo – non dovrebbero gravare su chi partecipa e deve, semmai, essere scelto e supportato in virtù del suo talento: insomma, viste le migliaia di iscrizioni che giungono (in questo come in altri concorsi) il ritorno economico è altissimo e il risultato è che gran parte dei costi, alla fine, li coprono gli artisti.
Il che, a fronte di una buona qualità, del buon livello dei curatori coinvolti, di una selezione rigorosa e dei premi assegnati (che siano borse o residenze), ci potrebbe pure stare. In tempi di crisi soprattutto, dare una mano colelttivamente è ammesso. Sempre meglio di quei casi in cui, tra furbizia e approssimazione, a somme ben più alte corrispondono progetti scadenti e nessuna reale opportunità per i partecipanti. Allora la domanda è: questi concorsi, al di là degli euro richiesti per accedervi, servono davvero agli artisti? Si riesce a unire trasparenza, scouting coraggioso e alto profilo qualitativo? Alla scena giovane internazionale, e soprattutto italiana, che contributo danno? La parola al pubblico, ai curatori e prima di tutto agli artisti, naturalmente.
– Helga Marsala
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