Social killer
Un serial killer intellettuale e raffinato, finalmente assicurato alle patrie galere, inscena un nervoso balletto con l’integerrimo buono di turno chiamato a disinnescare una nuova ondata di crimini. Detta così sembra una nuova variazione sul tema de "Il silenzio degli innocenti"…
Per insaporire ulteriormente la minestra, allora, quei mattacchioni della Fox giocano sul sadico senso del complotto che di tanto in tanto serpeggia tra le penne degli sceneggiatori. E a un serial killer se ne aggiunge un altro, e poi un altro ancora, svelando un’intricata trama di psicodrammi collettivi: esiste un’unica regia, lucida e allucinata, che grazie ai social network manipola menti fragili, creando a tavolino assassini senza pietà.
Il nemico è dietro l’angolo in The Following, lanciata a fine gennaio sul mercato americano dall’etere dell’ammiraglia Fox, arrivata in Italia già a inizio febbraio su Sky Uno e Premium Crime: oltre 10 milioni di spettatori, dall’altra parte dell’Atlantico, per il pilota; ascolti tuttavia in calo per una serie che fin dalle prime battute ha spaccato in due critica e pubblico. Non è mancato chi ha trovato inelegante il lancio della fiction, scalettata in prima serata, a poca distanza temporale dalla strage alla Sandy Hook, mentre ci si divide, come spesso accade, sul ricorrere disinvolto a una violenza dai toni che a tratti trascendono nello splatter.
Tutto nasce da un’idea che Kevin Williamson aveva tagliato dalla sua sceneggiatura per Scream 3, certo non una delizia di film: il nostro rimette mano agli appunti e costruisce la vicenda di Joe Carroll, docente di lettere che sevizia e uccide le proprie studentesse, fermato al culmine della sua carriera criminale dall’ombroso agente FBI Ryan Hardy, interpretato da un sempre gagliardo Kevin Bacon. Carroll ha più di un buon motivo per ambire alla vendetta, perché – non contento di averlo spedito al gabbio – Hardy gli concupisce pure la moglie: il cattivone irretisce guardie carcerarie e responsabili della sicurezza, ottiene accesso alla Rete e – via social network – tesse la propria trama di terrore. Creando quella che diventa a tutti gli effetti una setta, cieca nel portare a compimento un piano di omicidi a catena romanticamente ispirato alla penna visionaria di Edgar Allan Poe.
Una trama buona per il cinema, che perde forse in efficacia nel trovarsi spalmata su più episodi: il ritmo non riesce a essere sempre all’altezza delle aspettative, ma nell’altalena di tensione che si viene a creare, tra passaggi prevedibili e colpi di scena, il risultato è che allo scorrere dei titoli di coda, dopo ogni episodio, viene voglia di sapere cosa accadrà dopo. Tanto basta per prolungare la serie di altre due stagioni. E tanto basta per promuovere un’avventura che aggiorna il repertorio del Male alla versione 2.0… Ecco servito il primo assassino che, invece di pugnalare, uccide in punta di tweet, armando i propri follower. Impensabile fino a una manciata di anni fa: ce lo vedete Hannibal Lecter alle prese con un iPad?
Francesco Sala
http://www.fox.com/the-following/
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #13/14
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