Crisi in Siria, capolavori a rischio. Arriva per tempo l’ammonizione del direttore generale dell’Unesco: ma per difendere Aleppo o Palmyra le parole potrebbero non bastare…
Si è di nuovo prodotto nell’unico esercizio che le riesca benissimo, l’Unesco, il costosissimo e macchinoso organismo delle Nazioni Unite che dovrebbe occuparsi della difesa del patrimonio culturale. Ovvero nel produrre tante belle parole, alle quali però raramente – per non dire mai – fa seguire atti concreti e tangibili: ultimo esempio le distruzioni ed […]
Si è di nuovo prodotto nell’unico esercizio che le riesca benissimo, l’Unesco, il costosissimo e macchinoso organismo delle Nazioni Unite che dovrebbe occuparsi della difesa del patrimonio culturale. Ovvero nel produrre tante belle parole, alle quali però raramente – per non dire mai – fa seguire atti concreti e tangibili: ultimo esempio le distruzioni ed i saccheggi subiti da chiese e musei in Egitto, la cui sorveglianza avrebbe dovuto essere cosa classica da delegare all’Unesco. Ma le parole, dedicate ai rischi di guerra in Siria, per lo meno stavolta hanno avuto i giusti tempi, risparmiandoci gli abituali peana pronunciati però a frittata fatta.
Mentre dunque tutto il mondo se ne sta con il fiato sospeso, vaticinando sulle mosse di un Barack Obama sempre più in versione “Cavalier Tentenna”, arriva dal direttore generale dell’Unesco Irina Bokova l’esortazione “a tutte le parti ad adottare le misure necessarie per evitare ulteriori danni a questo patrimonio, tra i più preziosi al mondo islamico”. Di che si parla? Di alcune tra le più antiche città del mondo, come Damasco e Aleppo, e di siti notissimo come Palmyra o come Krak des Chevaliers, considerato il castello crociato meglio conservato giunto fino a noi. Oltre ai danni inflitti da raid aerei e bombardamenti, a preoccupare l’organismo culturale sono i furti di reperti e gli scavi non autorizzati, di cui si hanno già diverse notizie.
“La tutela del patrimonio non è una questione politica”, ha chiosato le stessa Irina Bokova: parole che però troppe volte la sua stessa organizzazione pare dimenticare…
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