Lido Updates: giornata di panico per l’arrivo di Scarlett Johansson e l’amatissimo Kim Ki Duk. Mentre Amos Gitai prenota un Leone d’Oro…
Superata ormai la metà del festival, arriva in laguna l’ultima delle superstar americane previste in programma: Scarlett Johansson. Nello stesso giorno fuori concorso anche Kim Ki Duk, col silensioso Moebious. Succede il delirio con le maschere che fanno il buono e il cattivo tempo e decidono l’ordine di ingresso secondo un principio random, prescindendo dalla […]
Superata ormai la metà del festival, arriva in laguna l’ultima delle superstar americane previste in programma: Scarlett Johansson. Nello stesso giorno fuori concorso anche Kim Ki Duk, col silensioso Moebious. Succede il delirio con le maschere che fanno il buono e il cattivo tempo e decidono l’ordine di ingresso secondo un principio random, prescindendo dalla priorità del badge: così dopo i quotidianisti molti periodici restano fuori, ma entrano i media press. Pessima l’organizzazione per una delle giornate che prevedibilmente sarebbe stata tra le più fitte d’impegni. Si parte con la conferenza di Ana Arabia di Amos Gitai, che per il momento resta la vittoria più accreditata, poi Harlock: Space Pirate 3D di Shinji Aramaki. Continua Kim Ki Duk live in tenuta orientale e conclude lei, la bionda hollywoodiana del film di Jonathan Glazer Under The Skin, la divina Scarlett in tutina alla marinaretta.
Ana Arabia di Amos Gitai, come già accennato, a questa data sembra il Leone d’Oro più probabile. Il film ha una colonna sonora davvero emozionante, dura poco meno di un’ora e mezza ed è girato come un unico piano sequenza. La camera segue una giornalista musulmana (Yuval Sharf) che deve scrivere un report su Hanna Klibanov. Ana Arabia, Io l’araba, sopravvisuta ad Auschwitz e convertita all’islam dopo aver sposato un Palestinese. Amos Gitai si ispira ad un episodio reale per documentare la possibilità di una convivenza tra due popoli in perenne conflitto. Il ritratto emozionate e tenero del regista dipinge una comunità della periferia di Tel Aviv nella sua umile danza quotidiana muoversi nell’orto di famiglia, sbaccellando legumi su piccoli canapè o sull’uscio del portone, mentre i vecchi chiacchierano nel cortile. I rumori rarefatti che echeggiano in questi spazi, sembrano antichi come la storia: così le foglie accartocciate dei limoni secchi, il fruscio del vento vicino ai panni stesi, i passi sul brecciolino, le risate e il suono dei discorsi degli anziani hanno nella loro musicalità una riconoscibilità universale da cui difficilmente non si può restare sopraffatti. Il volo della camera nel finale con un crescendo lirico e sacro culla lo spettatore come in un sogno felice.
Mentre cerchiamo di capire se qualche proiezione degli ultimi giorni potrà scalzare Gitai dalla suo vantaggio, ci appropinquiamo alla proiezione di The Unknow Know di Errol Morris, altro film in concorso. Nel prossimo aggiornamento saprete se è all’altezza della sfida…
– Federica Polidoro
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