Irlanda: dove l’arte indaga gli enigmi
Cinque artisti irlandesi narrano la storia e la leggenda della loro terra. Andando al di là dell’evidenza, per cogliere quell’invisibile interiorità che ogni vita comporta. Un viaggio teso tra sogni, ambiguità, problemi. Presso la Galleria Civica di Modena fino al 15 settembre.
Drift (2012) è il video di Mark Garry (Mulligar, 1972; vive a Dublino) che apre la mostra Island. Una barca a vela scivola sulle acque vicino alla piccola isola di Sherkin. Sembra abbandonata e si muove sullo sfondo di uno scenario notturno. Solo che l’artista trasforma la barca in una specie di arpa eolica, che suona all’azione del vento. Pare la turbata metafora di ciò che è l’Irlanda oggi: cioè una terra di miti e magie, di tradizione e natura incontaminata, ma anche un Paese che ha una storia complessa, fatta di invasioni, emigrazioni, tensioni sociali. Vive un senso profondo del luogo e dell’identità, ma contemporaneamente è instabile intorno ai suoi confini, inquieta nel suo cuore, incerta nel suo destino. Ebbene, i cinque artisti presenti sembrano porre al centro della loro attenzione proprio questo incrocio tra quotidiano e straordinario, tra realtà ed enigma.
Nelle foto di Martin Healy (Londra, 1967; vive a Dublino) si riconosce direttamente l’impatto della crisi economica sul paesaggio e sulla popolazione. I suoi sono invariabilmente spazi vuoti, edifici fatiscenti, strade desolate. Fata Morgana (2010) è un’opera al neon che cita una città che non c’è. The Last Man (2011) è un video che descrive un solitario uomo delle pulizie che riordina sale d’attesa deserte, tra gesti inutili e senso di abbandono. Più accostata alle antiche leggende è Dorothy Cross (Cork, 1956; vive a Connemara), ma per mettere in discussione le categorie dei generi e delle identità sessuali nella società contemporanea. Niamh O’Malley (Co Mayo, 1975; vive a Dublino) affronta il tema della visibilità, usando materiali riflettenti e vetri trasparenti, che suscitano continui inganni percettivi. Come fa anche il video Island, che interrompe le panoramiche con lunghe schermate nere. Visione e sospensione, immagine e sua interruzione. Un po’ come nella pittura di Damien Flood (Dublino 1979), che adopera la “tattica dell’incompiutezza”, fondendo elementi figurativi e astratti, riconoscibilità e dissoluzione.
Così, tutti gli artisti, pur nella diversità dei linguaggi, danno l’impressione di muoversi al limite del mistero e della congettura, di raffigurare il fenomenico e di alludere al trascendente.
Luigi Meneghelli
Modena // fino al 15 settembre 2013
Island
a cura di Fiona Kearney
GALLERIA CIVICA
Corso Cavour 2
059 2032911
[email protected]
http://www.galleriacivicamodena.it
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