Rebecca Jewell, il fascino della tradizione e il rigore della classificazione
Un progetto di ricerca in corso presso il British Museum. E una serie di titoli accademici nell'ambito dell'antropologia e dell'illustrazione scientifica. Tra studi naturalistici, apporoccio classificatorio e arte contemporanea, Rebecca Jewell conduce da anni un percorso coerente e molto personale
“C’è una magia, abitualmente praticata dagli artisti, che trasforma la maniera di vedere il nostro mondo. Uno squalo galleggiante in una vasca di formaldeide diventa un ‘must see’, moderno totem culturale adorato dalle folle, che a sua volta ignora gli oggetti appartenenti a un passato religioso primitivo, ma ne conserva la persistenza nella memoria popolare e nella superstizione. È quindi doppiamente ironico che l’arte di Jewell fornisca un accesso a questo patrimonio comune, applicando una tecnica antiquata a un contesto d’arte contemporanea, e così facendo produca un lavoro bello e originale, che condivide con il suo oggetto un ritorno sfuggente e spesso inquietante di significato“.
Sono parole con cui Paul Bayley, direttore di Florence Trust, commentava nel 2009 la ricerca di Rebecca Jewell, artista britannica con all’attivo un dottorato di ricerca presso il Royal College of Art in Illustrazione di Storia Naturale, oltre a varie residenze internazionali, tra cui quelle al British Museum. Un lavoro, il suo, che ruota intorno a due fulcri principali: il disegno di reperti e manufatti museali e quello di soggetti del mondo naturale (fauna e flora).
Tutto cominciò per lei nell’82, con un lungo soggiorno nelle Isole di Papua, in Nuova Guinea, a cui segirono gli studi in antropologia sociale all’Università di Cambridge. E fu subito passione, studio, ricerca, dedizione, per tutto quel mondo fatto di culture locali, di simboli, di tradizioni religiose, di scritture orali, di armonie tra uomo e natura, di miti e riti del passato, traghettati nel presente.
Rebecca, che tra il 2005 e i 2010 ha fatto parte di un gruppo di ricerca presso il British Museum, per esplorare le collezioni relative ai popoli della Melanesia, attualmente sta lavorando a un progetto artistico che documenta lo spostamento delle collezioni del Dipartimento AOA ( Africa, Oceania, Americhe) dai depositi dell’area urbana di Shoreditch verso un nuovo spazio al British Museum (Ingresso Nord). La mission, a metà tra analisi scientifica e ricognizione artistica, consiste nel recuperare le storie che idealmente uniscono tutti coloro che – esploratori , antropologi, viaggiatori – hanno rinvenuto via via i manufatti, e il museo che oggi li ospita. Oggetti numerati, etichettati, catalogati, fotografati, misurati, eppure ancora adesso circondati da quell’aura immortale che arriva dai luoghi, i tempi, le narrazioni, i sistemi di senso originari.
Uccelli impagliati, reperti ossei, statuette, maschere, oggetti artigianali… Un esteso inventario saturo di energie primitive, che tra le sue mani si traduce in nuove elaborazioni creative, unendo scienza classificatoria e fascinazione per il mistero inviolabile delle cose: disegni, oggetti, sculture di piume, incisioni, ormanenti cultuali. Una produzione raffinata, la sua, fatta di fragili costruzioni iconiche, come piccoli oggetti totemici da cui emanano l’eco della tradizione, lo stupore della magia, la potenza della natura e il bagliore del sacro.
Helga Marsala
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