Jeans in fiamme e atmosfere vintage
Si è chiusa da pochi giorni l’edizione 2011 di Pitti Uomo alla Fortezza da Basso di Firenze. Più che una fiera, una vera e propria mostra, curata da Raffaello Napoleone. Circa 1400 espositori da tutto il mondo, divisi in 12 sezioni tematiche, hanno lanciato le loro proposte di moda maschile. E il jeans la fa da padrone.
Pitti Uomo e la Biennale di Venezia. Un legame concreto, stabilito per tramite di Bernard Aubertin (1934, Fontenay-aux-Roses; vive a Reutlingen) che nel padiglione della Repubblica Araba Siriana, il 2 giugno scorso, aveva bruciato 35 paia di jeans Unlimited. La stessa opera, “Le Pyromane”, come è stato soprannominato l’artista, l’ha portata a Firenze, proprio nello stand della Unlimited, dimostrando di sapersi spostare dal contesto dell’arte a quello della moda senza perdere forza e significato.
I jeans, protagonisti assoluti dell’edizione di Pitti di quest’anno, sono presenti anche in edizioni limitate e in tessuto denim a 13 once con lavaggio blu ed effetto 3D. Ma non si può dimenticare la rivolta – in corso in questi giorni – dei cittadini cinesi di Zengcheng, il più importante centro di produzione di jeans al mondo: 200 milioni di paia l’anno per 60 marchi mondiali, turni di lavoro di 18 ore per 50 euro al mese e proteste controllate con la forza.
Un altro legame evidente con quelle terre desolate raccontate alla Biennale è la vena malinconica di tutte le proposte: abiti da lavoro, memorie di reduci, tessuti mimetici, maglie senza rifiniture, spesso infeltrite. Ma soprattutto non-colori, una patina di polvere su tutto.
Rischiara la nebbia il Premio Who is on Next 2011 Menswear, che ogni anno seleziona i futuri nomi del settore, offrendo a tutti i finalisti l’opportunità dell’ambìto contatto con i buyer internazionali. Quest’anno i vincitori ex aequo sono Emiliano Rinaldi e Andrea Pompilio, mentre la menzione speciale è andata a 10A Suspender Trouser Company.
Il marchio è frutto della collaborazione tra Daria Dazzan (veneta, 26 anni, formata alla Marangoni e poi ad Anversa e collaboratrice anche di Hussein Chalayan a Londra), responsabile dello stile e della progettazione dei capi, dal disegno alla modellatura, e Matteo Cibic. Matteo, anche lui veneto, è art director, ha 27 anni, ha studiato al Politecnico e a Kingstone, lavorando poi nello spazio ricerca di Fabrica e realizzando lavori di design in ceramica. La proposta presentata al concorso di Wion è stata realizzata in collaborazione con il fotografo Lorenzo Vitturi.
Merito principale del loro lavoro è sicuramente l’aver saputo rendere contemporaneo un elemento antico come il pantalone tradizionale, quello “del nonno”, come dicono loro. Il pantalone da bretella, con la vita un po’ alta, che portavano uomini come Massimo Girotti prima e Sean Penn oggi. Un prodotto di alta sartoria per un mercato giovane che comincia a capire l’importanza della qualità.
Un laboratorio che nasce a Vicenza tre anni fa e che produceva dieci pantaloni al mese, solo su richiesta di amici e persone speciali, due anni fa attira l’attenzione anche del New York Times. Ora distribuisce in trenta negozi cosiddetti di “fascia alta”. Naturalmente nella loro collezione non ci sono solo pantaloni, ma tutti i capi sono caratterizzati da questo new deal del ricordo, su cui il colore passa in modo deciso per esaltare la struttura e la geometria di un modello senza tempo.
Clara Tosi Pamphili
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