Arrivano i makers. E per tre giorni Roma è il centro dell’innovazione
Al Palazzo dei Congressi di Roma, creativi (e) scienziati, armati di stampanti 3d e laser, dimostrano che il mondo è open source. Un primo resoconto dell’evento capitolino.
L’uragano Penelope, annunciato, non ha fermato un popolo di oltre 20mila persone accorso intorno all’unica idea nuova di “ricostruzione” apparsa ultimamente nel nostro Paese. Forse questa edizione della Makers Faire europea rimarrà nella storia come quelle Grandi Esposizioni della fine dell’Ottocento a Londra e Parigi, dove si cominciavano a vedere strumenti che avrebbero cambiato la società. Ma sui prodotti stavolta vince l’uomo: non è una fiera di cose nuove, è una fiera di uomini nuovi.
Riccardo Luna “predica” da tempo il cambiamento e – insieme al Leonardo da Vinci dei nostri giorni, cofondatore di Arduino, Massimo Banzi – ha curato la Rome Maker Faire – The European Edition organizzata e promossa da Asset-Camera in collaborazione con il Tecnopolo. Un grande show su modello americano, un paese dei balocchi della tecnologia dove un ragazzino di 14 anni ti insegna a costruire una stampante 3d e un team di Arezzo ti fa vedere che potremmo vivere in case completamente autosufficienti e indipendenti da tutte le reti.
Ma non era solo questo: sarà perché perennemente orfani di qualcuno che ci prospetti una vita migliore, sarà perché tutto era assolutamente vero in un momento in cui i “programmi” politici non vengono mai rispettati, comunque la sensazione è quella di un popolo che cerca una guida e la trova in chi propone idee nuove e concrete.
In ogni stand c’è una storia fuori dal comune, come sul palco, dove passano fra gli adulti due amministratori delegati che hanno più o meno 12 anni. Quei ragazzi che eravamo abituati a vedere nei film americani, in un garage della loro casa, capaci di costruirsi una fidanzata o di entrare nei sistemi di sicurezza della CIA, ora sono tantissimi, e vivono anche a Roma e a Palermo. Grazie alla stampa 3d possono produrre qualsiasi cosa, usare polimeri per fare un giocattolo o collagene per fare una protesi, ma anche zucchero e fare dolci. Sono gli abitanti di un nuovo mondo che sembrava secondario, di cui non avevamo misura, un mondo di hacker o appassionati della tecnologia lontani chilometri dal nostro quotidiano: ora ci fanno vedere che si può costruire una protesi vitale con la decima parte del costo di prima e la si può dare a tutti.
Anarchici inventori, che devono lavorare senza regole per cambiare le regole, alimentati da mecenati contemporanei che promuovono progetti di ricerca come la Raspberry Pi, che sostiene l’Università di Cambridge nella fabbricazione di micro-controller e altri strumenti di ricerca scientifica nell’OpenLabTools.org. Una delle storie più interessanti e più deprimenti per noi italiani: questo mecenate sostiene i progetti estivi di Cambridge, laboratori dove studenti realizzano strumenti con pezzi fatti anche grazie alla stampante 3d. Sono coordinati da un professore che si chiama Pietro Cicuta, che ha studiato fisica in Italia e, dopo un sano dottorato, lì è rimasto.
Clara Tosi Pamphili
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