Man or Astro-man? Il ritorno
Un live travolgente e sincero. Atmosfere sci-fi fatte di ripescaggi ad hoc. Per il rientro di una band che non se n’è mai veramente andata.
Perché parlare del concerto di un gruppo surf rock particolarmente in voga negli Anni Novanta? La risposta più semplice e ovvia potrebbe essere “perché ci va”, ma le ragioni sono molteplici.
I Man or Astro-man? iniziano la loro carriera ufficiale con un disco quasi omonimo uscito nel 1993 (Is it… Man or Astroman?, Estrus Records) che riscuote notevole successo. In Italia il noto Piero Scaruffi gli concede un 7/10 e queste parole: “le canzoni, ciascuna corredata da uno spezzone di film (reali o immaginari), sono scalmanate danze per twang epici di chitarra, […] oppure ballate dal piglio fatalista”. Insomma, il concentrato citazionista che, sul piano musicale, pesca a piene mani dagli Anni Sessanta (Dick Dale and The Spotnicks su tutti) e dal punk rock, mentre sul piano visivo è pervaso di pellicole e fumetti fantascientifici, crea riconoscibilità immediata e facile affermazione.
Nel live bolognese al Locomotiv Club gli ingredienti ci sono tutti: all’appello manca solo un membro del trio originale (Coco the Electronic Monkey Wizard) giustificato dalla neo paternità, divenuta parte dello show attraverso una clip. I restanti Star Crunch e Birdstuff, accompagnati da due presenze supplementari, mettono in scena il “solito” spettacolo fatto di scariche di energia e boutade ironiche. Sul palco la scenografia è tanto sobria quanto efficace, con due schermi primari e quattro proiezioni su supporti circolari (ricordano parabole o radar) che, ad ogni canzone, alternano immagini di repertorio in cui si vedono spezzoni di B-movie proto science fiction, conditi con effetti cromatici e di viraggio analogici, ed elementi di computer graphic archeo digitale ad imitare monitor di rilevazione.
Un’estetica, a ben vedere, a cui siamo abituati, che non sembra cozzare con immaginari di recente derivazione. La contaminazione della musica e dell’audiovisivo, proposto dalla band di Auburn (Alabama), è perfettamente integrata in un contesto di nuove narrazioni che nascono dal mix di elementi distanti nel tempo e apparentemente incompatibili. Il tutto (e non guasta) orchestrato allo scopo di mettere in scena uno spettacolo con forti accenti ironici, con picchi di nonsense dadaista, e dove chi se la sente può anche ballare.
Claudio Musso
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