Un anno con Uma Thurman: Campari presenta a Milano il suo calendario 2014, con l’attrice immortalata da Koto Bolofo. Il fotografo sudafricano racconta il progetto ad Artribune, e ricorda una carriera partita grazie a “Mama” Sozzani

La memoria di questi luoghi è quella della mala più becera. Porta nel suo patrimonio genetico agguati e prostitute, ladri e ammazzamenti: oggi è parterre della movida più innocua e caciarona, lontano anni luce dalla luccicante Milano della moda, dalla città nobile e patinata. Le scelte controcorrente per Campari partono da qui, dal civico sette […]

La memoria di questi luoghi è quella della mala più becera. Porta nel suo patrimonio genetico agguati e prostitute, ladri e ammazzamenti: oggi è parterre della movida più innocua e caciarona, lontano anni luce dalla luccicante Milano della moda, dalla città nobile e patinata. Le scelte controcorrente per Campari partono da qui, dal civico sette di Piazza della Vetra, dietro le colonne di San Lorenzo, nel quartiere reso immortale dalla voce roca dei vari Nanni Svampa. Scenografia sospesa tra minimal e barocco, presenza straniante di bambole in carne ed ossa – tra giganteschi cavalli a dondolo e finte gondole – il tutto paludato con la ineguagliabile tinta rosso passione. Presentazione in grande stile per la quattordicesima edizione del calendario che segna la comunicazione del brand, che dopo la bellezza mediterranea di Penelope Cruz e quella magnetica di Milla Jovovich, dopo aver giocato la carta della virilità tenebrosa di Benicio Del Toro, sceglie epr la prima volta nella sua giovane storia di affidarsi alla chioma bionda di Uma Thurman. Svettante sul red carpet, ma fedele fino all’ultimo all’icona di ragazza terribile: eccola raggiungere il palco del Teatro Vetra con un teschio giallo limone, feticcio che richiama il festival messicano delle calaverna. Già, la festa. Il tema del calendario guarda alla convivialità più disinvolta e felice: scegliendo dodici mete e altrettante occasioni, raccontando lo spirito di dodici nazioni attraverso altrettanti momenti di piazza. Stereotipi trattati con elegante originalità: perché in Argentina c’è il tango e in Spagna il flamenco, ma a rappresentare il Brasile non c’è lo scontato Carnevale di Rio; e per raccontare gli Stati Uniti arriva il Mardì Gras di New Orleans, tributo a un crogiuolo di culture che mescola Africa ed Europa. Superando per intensità e radicamento l’iconografia del 4 luglio. A raccontare il progetto ad Artribune Koto Bolofo, fotografo sudafricano nato nell’orbita Condé Nast, autore di servizi per Vogue e campagne per Burberry ed Hermès.

Bolofo parte dall’avventura al fianco di Uma Thurman e torna indietro nel tempo. Ai consigli di Richard Avedon e alla fiducia di Franca Sozzani. Chiamata amichevolmente “mama”…

– Francesco Sala


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Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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