Essere o non essere Sud
Interessante e ricca di spunti di riflessione la mostra organizzata dall’Ambasciata Argentina, a cura di Belén Moro. S’intitola “Ser o no Sur” e ha coinvolto al Museo José Luis Cuevas alcuni degli artisti argentini che hanno vissuto o vivono attualmente in Messico.
Il tema è più che attuale, gli argomenti trattati sviscerano attraverso la materia artistica alcuni nodi cruciali del nostro tempo: la condizione di Sud del mondo che coinvolge pienamente un Paese come il Messico che al Sud non è, anzi, è al Nord del continente americano, ma molto spesso Sud si sente e Sud viene considerato; la globalizzazione non solo economica ma anche geografica dei Sud che incontrano medesime difficoltà, tragedie, rivoluzioni e sentimenti comuni; le costanti migrazioni, la fuga verso il Nord emancipato e civile, molto spesso “padrone”; il desiderato ritorno al Sud, nostalgico, primigenio e primitivo. Condizioni queste che accomunano il Sud di tutti i continenti con rare eccezioni. Nella maggior parte dei casi emerge un rapporto di subordinazione del Sud al Nord, che affonda le sue radici nel colonialismo, nei nuovi problemi posti dalle economie globali, dalla necessità dei vecchi e nuovi paesi ricchi di rimanere ricchi a discapito dei vecchi e nuovi poveri. Gli artisti si esprimono attraverso video, istallazioni, disegni e raccontano alcuni macrotemi come: la violenza, i viaggi della speranza, le radici identitarie, le mappe geografiche e mentali, l’istruzione, la casa, il lavoro, l’economia.
A sette anni dalla Dichiarazione di Cocoyoc (Messico, ottobre 2006) in cui trecento tra i più noti specialisti nello studio della migrazione e dello sviluppo di circa venti Paesi distribuiti nei diversi continenti si erano riuniti per fare fronte alle problematiche emerse dalla nuova economia globale, molte delle quali, lo vediamo ogni giorno nei telegiornali, rimangono irrisolte.
La dichiarazione di Cocoyoc dimostrava come storicamente ogni barriera eretta per impedire la libera mobilità e l’integrazione dei popoli non è riuscita. È bruscamente aumentato il costo in vite di migliaia di persone il cui unico crimine è stato quello di cercare un futuro migliore per se stessi e le loro famiglie. E le politiche derivate dal modello economico dominante hanno causato un netto peggioramento delle condizioni di lavoro e sociali dei paesi migranti, con conseguente prevalenza di immigrati irregolari e l’aumento di politiche anti-migranti. Questo fenomeno interessa ampi settori della popolazione dei paesi beneficiari, come gli Stati Uniti o l’Unione europea. Di fronte alla povertà e alla mancanza di opportunità nei paesi di origine, milioni di lavoratori sono stati costretti a spostarsi per trovare un nuovo modo di vivere in società più prospere. I nuovi immigrati sono molto spesso il carburante del dinamismo economico dei Nord, tuttavia mentre da un lato, sono accolti come manodopera a basso costo, dall’altro sono stigmatizzati come nemici della sicurezza nazionale, del sistema di welfare e della stabilità sociale complessiva. I discorsi e le pratiche xenofobe prevalenti hanno portato a rafforzare le barriere giuridiche e fisiche contro la libera mobilità della forza lavoro del Sud sotto la bandiera della difesa nazionale, come dimostra la costruzione di un muro di confine tra Messico e Stati Uniti dove migliaia di persone muoiono ogni anno nel tentativo di oltrepassarlo.
Un’arte che supera le barriere quella presente in mostra, che dall’estremo sud argentino si situa nell’ultimo avamposto del continente latino, il Messico, prima del grande nord degli Stati Uniti d’America.
Mercedes Auteri
http://www.museojoseluiscuevas.com.mx/
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