Il teatro senza voce. Dopo un secolo di oblio, si alza il sipario a Villa Torlonia
Il primo e ultimo spettacolo nel 1905. Da allora, il prezioso Teatro ottocentesco di Villa Torlonia, è rimasto chiuso. Abbandonato a un destino di decadenza. Oggi, finalmente, la riapertura, dopo un lungo e tarvagliato restauro. Qualche nota per ricordarne la storia e ammirarne gli spazi interni
Fu la dimora di Benito Mussolini, dal 1925 al 1943: con l’affitto simbolico di una lira, il Duce aveva accolto l’invito del Principe Giovanni Torlonia junior, trasferendosi con la sua famiglia nel Casino Nobile della magnifica Villa Torlonia, complesso artchitettonico inserito in un parco di sedici ettari, lungo la via Nomentana. Originariamente proprietà agricola della famiglia Pamphilj, il terreno venne acquistato alla fine del Settecento da Giovanni Torlonia: fu l’architetto Giuseppe Valadier a occuparsi del progetto del Casino Nobile e del Casino dei Principi, riconvertendo la tenuta in complesso residenziale. Nel 1832, l’erede Alessandro Torlonia proseguì i lavori di abbellimento, terminò la sistemazione dell’area verde con i giardini di gusto romantico, e costruì nuovi fabbricati, tra cui il Tempio di Saturno, le finte rovine neo-classiche, una Tribuna con fontana e il Caffè-House.
Un passaggio importante fu il matrimonio di Alessandro con Teresa Colonna. Era il 1840 e il Principe, forse come omaggio alla sua sposa, commissionò a Quintiliano Raimondi la progettazione di un teatro all’nterno della Villa, celebrazione del sentimento amoroso attraverso la nobile passione per le arti e l’architettura. I lavori, iniziati nel 1841, furono lunghi e oltremodo complessi. Lo spazio, incantevole nella struttura e nelle decorazioni – eseguite dall’artista Costantino Brumidi – venne completato solo nel 1874.
Nel 1944 l’intera Villa fu occupata dalle truppe del comando anglo-americano, che vi rimasero fino al 1947. Poi, l’abbandono. Il Comune di Roma la acquisì nel 1977 e subito dopo venne aperta al pubblico. Una serie di restauri, a partire dagli anni Novanta, hanno via via restituito alla città questo importante patrimonio, con la creazone di un piccolo polo museale: il Museo della Casina delle Civette è dedicato alla vetrata artistica, il Casino Nobile, che ospita il Museo della Villa e la collezione della Scuola Romana, Il Casino dei Principi, sede dell’archivio della Scuola Romana e spazio per mostre temporanee, e ancora la Limonaia con un punto ristoro e il Villino Medioevale dove ha sede una ludoteca.
A restare incompleti, in uno stato di sconfortante decadenza, erano ancora il Teatro, in condizioni precarie già nel periodo della residenza mussoliniana, e l’affascinante serra moresca. Nonostante lo stanziamento dei fondi necessari da parte del Comune e del main sponsor Pirelli, gli ostacoli burocratici e le solite pastoie politiche non consentorono per oltre un decennio la conslusione dei progetti di risanamento. Fino alla svolta di oggi.
Il 7 dicembre 2013, finalmente, la città di Roma ha visto spalancarsi le porte del teatro delle meraviglie, capolavoro di eclettismo ottocentesco il cui recupero integrale è costrato 9 milioni di euro. Straordinaria la decorazione, tra statue, dipinti e fondali, in un tripudio di citazioni classiche e medievali, di simbolismi mitologici e di evocazioni letterarie, di stili amalgamati e sovrapposti, dall’etrusco, al gotico, al barocco. Un teatro rimasto immobile per 108 lunghi anni, dopo quel primo e unico spettacolo organizzato nel 1905. Nonostante il grande amore per le arti che accomunava i due sposi, il grande palcoscenico – progettato per trasformarsi in salone per ricevimenti – non accolse infatti nè opere, nè feste, nè concerti: i problemi psichici di Teresa precipitarono subito nel silenzio la raffinata macchina scenica, destinata a una lenta decadenza e a un malinconico oblio.
Helga Marsala
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