“E adesso mettiamo mano alle Soprintendenze”. Entra nei dettagli il Renzi-pensiero sulla cultura, e rispolvera un tema già avanzato anche da Artribune: “Sistema organizzativo ottocentesco, da rivedere radicalmente”
“La parola scuola e la parola cultura non sono dei costi, sono degli investimenti”: parole impossibili da non condividere, dal consenso pressoché unanime. Eppure, quando di mezzo c’è un politico, la differenza spesso corre fra il pensarle, quelle parole, e il pronunciarle, peraltro in una situazione di sostanziale ufficialità. È quello che ha fatto il […]
“La parola scuola e la parola cultura non sono dei costi, sono degli investimenti”: parole impossibili da non condividere, dal consenso pressoché unanime. Eppure, quando di mezzo c’è un politico, la differenza spesso corre fra il pensarle, quelle parole, e il pronunciarle, peraltro in una situazione di sostanziale ufficialità. È quello che ha fatto il neosegretario del PD Matteo Renzi, che – come anticipavamo ieri – ha avocato a sé il ruolo di responsabile cultura, nella segreteria di cui ha appena comunicato la composizione. E le ha pronunciate nell’immediatezza della sua vittoria alle primarie del Partito Democratico: attribuendo loro un peso che non ci risulta abbia precedenti, almeno fra i politici – di ogni parte – apparsi di recente sulla sciagurata scena italica.
E nella stessa occasione Renzi non ha perso l’occasione per rispolverare un suo vecchio cavallo di battaglia in tema culturale, fin da quando era candidato a Sindaco di Firenze: “Abbiamo la cultura in mano a una struttura ottocentesca, non può basarsi sul sistema delle sovrintendenze”. Le soprintendenze come paradigma del viziato approccio italiano alla gestione del patrimonio: che mettono in ogni occasione avanti quasi esclusivamente la conservazione, piuttosto che la promozione. Temi che noi di Artribune – fatte le dovute, assolutamente meritevoli eccezioni – non possiamo che condividere, e che anzi abbiamo da parte nostra spessissimo sposati: fin dal 2011, quando prospettammo un vantaggio misurabile nell’1,5% di PIL dalla “limitazione” delle soprintendenze. Una revisione radicale dello stato attuale, che parta proprio da una mutazione di fondo delle dinamiche fra conservazione e gestione del patrimonio, in senso aperto e moderno, non può quindi che vederci ben disposti verso chi la propina.
Anticipiamo già le obbiezioni: ma Renzi è la persona giusta? Ma avete considerato cosa ha fatto a Firenze? Ma noi non abbiamo assolutamente sposato il “renzismo” come principio: per ora ci limitiamo a constatare che i primi passi – senza dimenticare che comunque stiamo parlando di un segretario di partito, il cui eventuale futuro di governo è tutto da costruire – fanno ben sperare. E per una volta lo attendiamo alla prova, con un po’ meno disillusione che nel passato…
– Massimo Mattioli
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