E non si dica che l’architettura italiana non gira il mondo. Lo studio romano Nicoletti arriva fino in Malesia, con una archi-cipolla…
Ci troviamo a Kuala Lumpur, in Malesia, luogo sufficientemente esotico per ospitare esperimenti creativi di discreto livello: capsule architettoniche dallo spiccato orientamento organico, denominate appunto “the Pod” (il baccello) perché simili ad un ortaggio. Quello che questa struttura ricorda è una cipolla gigante, sapientemente affettata da uno executive chef, e disposta su un piano fatto […]
Ci troviamo a Kuala Lumpur, in Malesia, luogo sufficientemente esotico per ospitare esperimenti creativi di discreto livello: capsule architettoniche dallo spiccato orientamento organico, denominate appunto “the Pod” (il baccello) perché simili ad un ortaggio. Quello che questa struttura ricorda è una cipolla gigante, sapientemente affettata da uno executive chef, e disposta su un piano fatto di verde e di acqua. Un susseguirsi cioè di grosse sezioni ellittiche, slittate una rispetto all’altra, per creare un insieme sinuoso di volumi concentrici, incernierati tra loro. Opera dello studio romano Nicoletti Associati (già attivo in quell’area geografica) il piccolo padiglione di 800 mq, altro non è che uno spazio polifunzionale – metà espositivo e metà amministrativo – voluto come punto di richiamo per favorire l’espansione urbana nella parte ovest della città.
Con una struttura in acciaio poi ricoperta in pannelli di Alucobond ibrido (un materiale a base di alluminio che cambia tonalità cromatica al mutare dell’irraggiamento solare), il volume dispone le sue bucature nello spazio negativo rimanente tra ciascun pannello, cosi che, variando di altezza e larghezza, si rompa la solidità scultorea della massa per fornire spicchi di luce naturale negli interni cavernosi.
Entrando, la sensazione che si prova è quella di trovarsi in una gigantesca conchiglia bianca, circondati da una progressione continua di zone aperte e zone chiuse, zone più alte e zone più basse, zone più intime e zone più maestose. Un’attenzione questa sia formale che tecnica, dove la bellezza frammentata dello spazio si coniughi, oltre che alla sua morfologia, anche al suo benessere bioclimatico.
– Giulia Mura
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