Se Renzi cambia verso, con la cultura. Firenze modello per l’Italia?

Da quando è stato eletto segretario del Pd, Matteo Renzi ha ancora scaldato i motori. È lui a spingere il governo verso i prossimi obiettivi e tra questi mette anche la cultura. Il modello? Firenze. Che inaugura a breve il suo nuovo Museo del Novecento. E che aumenta incassi e visitatori

Va spedito come un treno Matteo Renzi. Energico e deciso come pochi, dopo la sua elezione a segretario nazionale del Pd sembra avere spinto ulteriormente l’acceleratore. L’obiettivo? Dimostrare che cambiare si può e che dare in pasto agli Italiani solo vaghezze e tentennamenti è il modo migliore per perdere alle urne.
Così, mentre a destra si registrano liti, confusione e la disperata ricerca di una nuova leadership, mentre Grillo accentua i toni al vetriolo dell’antipolitica, soffiando sul fuoco della rabbia sociale, lui, tra una minaccia e una carezza, tiene per il collo il Governo Letta, spinge in avanti i suoi, si tira dietro gli avversari-alleati, lancia proposte concrete sulla legge elettorale, lavora al suo Job Act e confeziona misure per nuovi investimenti, chiedendo di condividerne spirito e step. Demagogia? Chiarezza d’intenti? Sotterranee collusioni con i poteri forti o una vera volontà di smantellare i vecchi apparati? Il tempo darà adeguate risposte.
La regola, per adesso, è una: macinare idee ed obiettivi. Giocandosi la carta del pragmatismo, unita a quelle della seduzione e della comunicazione. Con l’esempio, sempre in mostra, dalla sua Firenze. Che resta il miglior banco di prova (felice? infelice? I pareri discordi fioccano) sul piano dei risultati di governo. Ed ecco l’ultimo monito, lanciato dal sindaco-comunicatore, in linea col tormentone delle ultime primarie: “L’Italia ‘cambi verso’ e investa sui beni culturali: a Firenze lo stiamo facendo”. L’amministrazione fiorentina come modello per il Paese. Anche in fatto di cultura.

Firenze, l'ex complesso delle Leopoldine

Firenze, l’ex complesso delle Leopoldine

È il caso del nuovo Museo del Novecento, appena presentato in conferenza stampa, che aprirà il prossimo 30 aprile in piazza Santa Maria Novella, nell’ex convento delle Leopoldine. Una presentazione piena di enfasi e di esprit positivo, per dimostrare che il capitale riservato alla cultura non è mai una spesa ma un investimento. Denaro che torna, in una forma o nell’altra. Come educazione, come qualità della vita, come consapevolezza e valore intellettuale, e sopratutto come economia. “Per la città di Firenze“, ha spiegato Renzi, “stanno per concretizzarsi molti progetti impostati all’inizio dei nostri cinque anni di mandato: dal Museo del Novecento fino al Nuovo Teatro dell’Opera, la cui inaugurazione è prevista il 10 maggio, dal Palazzo Vecchio rinnovato con i nuovi spazi e il prossimo foyer del teatro romano fino ai progetti per i restauri di varie opere o all’allestimento degli Arazzi del Bronzino nel Salone dei Duecento. Grazie all’impegno diretto in prima persona di migliaia di cittadini, Firenze sta sperimentando che è bello anche il futuro, non solo il passato”. E via con un’altra formula efficace: da una città che è sempre stata celebrata per la propria storia, fino al punto di esserne inghiottita, arriva un messaggio di costruzione e di investimento sul domani. Cultura da fare, non solo da tutelare.

Matteo Renzi alla Leopolda

Matteo Renzi alla Leopolda

E a proposito di contemporaneità, è proprio il nuovo Museo del Novecento a far parlare di sé. 2600 metri quadrati, distribuiti su 5 piani, con un chiostro interno e 800 metri quadrati di superficie espositiva, per un totale di 20 sale. La collezione? Importante. Almeno stando ai numeri e ai nomi. Confluiranno qui oltre 2300 opere d’arte della città, che non avevano mai trovato una casa. Si va da De Chirico a Sironi, da Carrà a Morandi, da Guttuso a Salvatori, da Magnelli a De Pisis. Insomma, non esattamente arte contemporanea e non un museo di ricerca che punti all’attualità. Su questo tasto, nonostante le frasi a effetto, anche Renzi non carbura.
Con il museo del Novecento, finalmente”,  ha spiegato l’assessore alla cultura Sergio Givone, “abbiamo ricostruito il tessuto di una storia aperta e ancora da scrivere”. Lodevole in ogni caso l’iniziativa, come pure la capacità (oggi imprescindibile) di trovare il sostegno di un grosso partner privato – l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze – che ha contribuito con 6 milioni di euro.
Ma mentre in parallelo proseguono progetti lungimiranti come Florence I care, pensato per intercettare l’aiuto di privati nei restauri dei beni culturali fiorentini, l’impegno sul fronte produzione/sperimentazione continua a essere debole. La prossima, ideale, grande scommessa di Firenze? Un grande centro internazionale per le arti contemporanee. Una nuova architettura, chiamata a convivere col prezioso impianto storico cittadino e ad accogliere contenuti, linguaggi, progetti e processi realmente innovativi. Un modello per l’Italia, certamente. Proiettato oltre la crisi politica, amministrativa e progettuale che ha investito i musei della penisola, negli ultimi anni. Utopia? Probabile. Ma come tutte le utopie utile a capire e a spostare l’orizzonte in avanti.

Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento

Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento

Intanto, Renzi si bea dei successi conquistati in termini di cifre: Palazzo Vecchio, sotto la sua amministrazione, ha raddoppiato i visitatori (da 361 mila a circa 650 mila), e in generale tutti i musici civici hanno visto un incrementato di presenze del 140%, con relativa impennata delle entrate: circa quattro milioni di euro solo nel 2013. Risultati clamorosi, se confrontati – ad esempio – con la sconfortante realtà romana: l’ultimo report di Federculture dava un 56% di ingressi in meno per il Macro, insieme ad altri deficit registrati nei settori dell’arte e dello spettacolo.
Firenze, dunque, in controtendenza. “Alla faccia di chi dice che con la cultura non si mangia”, ha chiosato il sindaco-segretario. E la corsa continua, con un obiettivo solo. Palazzo Chigi e un’Italia tutta nuova, a cui cambiare verso. Incontro a quella rivoluzione liberale che qualcun altro annunciò, vent’anni fa, mancandola in pieno.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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