Il David di Michelangelo tira fuori… gli attributi! Statue priapesche per Pep Marchegiani, autore della performance con cui invita Matteo Renzi a svecchiare una Firenze troppo legata all’arte del passato. E sorda nei confronti del contemporaneo

“Nessuno sa di averlo visto, ma l’hanno visto” dice Edward Norton mentre racconta gli effetti della guerriglia cinematografica che Tyler Durden, oscuro protagonista del Fight Club di David Fincher, opera come proiezionista, inserendo fotogrammi di film porno nelle pellicole dei cartoni animati. Cosa? “Un gran bel cazzo” gli fa eco Brad Pitt. Dialogo surreale che […]

“Nessuno sa di averlo visto, ma l’hanno visto” dice Edward Norton mentre racconta gli effetti della guerriglia cinematografica che Tyler Durden, oscuro protagonista del Fight Club di David Fincher, opera come proiezionista, inserendo fotogrammi di film porno nelle pellicole dei cartoni animati. Cosa? “Un gran bel cazzo” gli fa eco Brad Pitt. Dialogo surreale che si presta, nemmeno troppo da lontano, a possibile commento sonoro della performance messa in scena a Firenze da Pep Marchegiani, artista che non bada troppo per il sottile quando si tratta di provocare nel più chiassoso e giocoso spirito dell’épater le bourgeois. Teatro dell’azione Firenze: perché è la culla del Rinascimento e patria del preteso rinnovamento della società e della politica italiana, identificata (volente o nolente, a torto o a ragione) come simbolo del modello rappresentato da Matteo Renzi. Perché è città che vive di cultura e soprattutto dell’indotto del turismo culturale, è insomma città che vive d’arte. Già, ma quale? Quella rinascimentale, nobile e antica ma dunque – come tale – inesorabilmente vecchia. Alla Fortezza da Basso, nel giorno in cui si apre Pitti Uomo, si aggira quindi un Michelangelo contemporaneo, che distribuisce il proprio curriculum di disoccupato, ricco di skill ma inesorabilmente inefficace a schiudere le porte del successo; un artista allo sbando costretto a vendere le proprie opere per strada, svalutando il frutto del suo estro quasi fosse paccottiglia da comune e volgare vucumprà. La scelta di Marchegiani non può non ricadere sull’opera simbolo della stagione fiorentina del Buonarroti, ovvero il David. Opportunamente “pimpato” per dovere di marketing, reso più appetibile alla trivialità del pubblico da souvenir compulsivo. Nessuno sa di averlo, ma l’hanno visto passando distrattamente tra le tante bancarelle e gli abusivi che vendono stampe a ridosso del Ponte Vecchio: è un David priapesco, elefantiaco nelle proporzioni di un fallo che sfida ogni legge delle fisica e delle proporzioni. Obiettivo della performance dimostrare come  “l’arte contemporanea, nel capoluogo toscano,  sia sterile rispetto alle grandi città italiane ed europee e questo è un paradosso viste le potenzialità”.

– Francesco Sala



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